«Mi basta una chiamata e ti faccio avere un colloquio»

Così mi disse Roberto che oggi non c’è più. Quando c’era ancora Roberto faceva il produttore cinematografico e aveva, oltre a mille mila ganci ovunque, una cultura smisurata e un’incredibile consapevolezza dei propri interruttori.

Ricordo che una volta, avevamo appena finito una discussione sulla Tav, mi confessò: «Ci sono solo due cose dalle quali devo tenermi alla larga: la politica e troppi soldi. Entrambi danno l’illusione del potere e a me il potere dà alla testa»

Non so dire perché quella frase mi sia rimasta tanto impressa. Forse perché non avevo mai sentito nessuno dell’età dei miei genitori parlare con tanta franchezza dei propri demoni. Oppure perché dei troppi soldi ho sempre avuto un po’ paura anch’io. Questione di storiacce familiari. Di fedeltà familiari.

Come d’altra parte lo è, intendo una forma di fedeltà familiare, anche la Sindrome dell’impostore. E non per me sola, ma per tutti.

Ma di questo magari parliamo un’altra volta, ché voglio finire di raccontarti di Roberto e di quella volta che mi ha fatto una proposta strepitosa e io ho rifiutato.

No, grazie!

Roberto con una telefonata avrebbe potuto farmi avere un colloquio in una delle più grandi case di produzione e distribuzione italiane, e nonostante stessi traspirando in lavori orribili e desiderassi tantissimo trovare qualcosa di stimolante, io dissi: «No, grazie»

Ora, ci tengo a specificare che mi era stata offerta l’opportunità di fare un colloquio, il che significa che per conquistare un piccolo angolo nel paradiso delle storie in celluloide  avrei dovuto giocarmi bene le mie carte. Tuttavia rifiutai l’offerta e fui irremovibile.

Per almeno dieci anni mi sono raccontata che quel «No, grazie» lo avevo detto per una questione di serietà, di etica: volevo arrivare, sì, ma con le mie sole gambe e le mie sole forze. Volevo essere sicura, qualsiasi fosse stata la sedia sulla quale avrei finito d’appoggiare il sedere, di meritare quel posto.

La verità è che non avevo alcuna idea:

a. di dove volessi arrivare;

b. che la mia etica e la mia serietà  – visto che non mi si stava regalando nulla, ma mi si era semplicemente aperta una porta dinnanzi – erano il mangime con cui stavo nutrendo la mia Sindrome dell’impostore sotto copertura.

Cos’è una Sindrome dell’impostore sotto copertura?

È il modo in cui la nostra ansia di essere una frode si traveste per continuare ad agire indisturbata nella nostra storia.

La stessa parola impostore, peraltro, indica il ricorso a una copertura (impŏnere = porre sopra) al fine di avvantaggiarsi in una situazione.

La Sindrome dell’impostore, dunque, si cela spesso dietro altri manifesti, in particolare modo quelli del perfezionista, dei superuomini e delle superdonne, dei natural born genius, dei solisti e degli esperti.

sindrome dell'impostore infografica
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Il / la perfezionista

Il perfezionista fatica a delegare, e le rare volte in cui delega non è mai soddisfatto dei risultati.

Quando buca una scadenza o sbaglia qualcosa, rimugina per giorni, settimane, mesi e perfino anni.

Il perfezionista esige da se stesso l’impeccabilità e comunque abbia lavorato –benino, bene o benissimo – pensa sempre: «Avrei dovuto fare meglio»

Il suo ideale di perfezione è come una lente che distorce tutto e restituisce un’immagine stravolta dei risultati e dei successi che riesce a ottenere, e poiché i fatti non sono mai al medesimo livello delle aspettative (alterate e folli) il perfezionista vede se stesso come un impostore immeritevole.

Il punto debole del perfezionista è non saper vedere, e di conseguenza godere dei successi così come arrivano. Concentrato com’è a inseguire la sua chimera non si ferma a cogliere i primi frutti, né le occasioni fortunate.

I superuomini e le superdonne

Sono facili da individuare: sono coloro che si spingono sempre oltre, non ai propri limiti, bensì ai limiti di altri.

Sono i primi ad arrivare in ufficio e gli ultimi ad andarsene, anche quando non serve fare gli straordinari.

In vacanza sono più stressati che al lavoro. Lavoro per il quale sono disposti a rinunciare  a qualsiasi hobby, e spesso anche a relazioni  e affetti.

La cosa che li mette più a disagio di tutte è la mancanza di titoli, ma solo se si devono rapportare a qualcuno che ne ha più di loro.

Non pensano: «Voglio diventare la miglior versione di me», bensì «Voglio diventare migliore di te»

Il punto debole dei superuomini e delle superdonne è il bisogno della convalida esterna: finché non arriva, si sentono una frode.

I / le natural born genius

Sono quelli a cui vien facile fare cose che alla maggior parte delle persone non vien facile per nulla, e che fin da quando erano bambini godono del massimo riconoscimento dall’esterno.

E siccome per loro è facile, deve esserlo in quanto geni naturali, sentono di non potersi mai tirare indietro, né tantomeno di poter fallire.

I natural born genius, come i perfezionisti, non ammettono errore e hanno standard di prestazione estremamente elevati.  Non sopportano l’idea di tradire la propria leggenda o di passare da fraudolenti qualora non mantenessero le aspettative che aleggiano intono al mito della loro genialità.

Il punto debole dei natural born genius è l’impazienza: non tutti i risultati infatti sono figli di un innato talento, ammesso che davvero esista, e ciò che non si è ottenuto immediatamente grazie alle proprie doti innate, può essere conquistato grazie alla perseveranza e al lavoro.

I solisti e le soliste

Chiedere aiuto? Roba da deboli! Che poi si sa che chi fa da sé fa per tre e che è meglio soli che male accompagnati.

Le ragioni dell’auto isolamento e dell’autarchia dei solisti sono così farraginose e banali perché in verità ciò che sta dietro a questa loro chiusura al mondo è una sacra paura del confronto che, ovviamente, temono di non poter reggere.

Ed è soprattutto questa maschera di forza, determinazione e coraggio a farli sentire degli impostori, visto che sotto sotto, come tutti, un aiuto lo gradirebbero eccome. E certe volte ne avrebbero anche bisogno.

Quando proprio non possono fare a meno di un paio di mani in più, non chiedono mai aiuto a titolo personale: è sempre il progetto, il lavoro, il contratto a richiederlo, mai loro.

Il punto debole dei solisti è il giudizio.

In effetti, fintanto che se ne stanno chiusi nel loro guscio non rischiano né critiche né dissenso. Tuttavia è altrettanto improbabile che accedano a lodi e a consenso.

Alla fine, venendo a mancare loro quel confronto da cui fuggono come fosse la peste, viene a mancare anche quella corrispondenza necessaria per misurarsi con il mondo e non sentirsi un bluff.

Gli esperti e le esperte

«Se non ho tutto, allora non ho niente», questo potrebbe essere il motto di chi ha la Sindrome dell’impostore in mimetica da esperto.

In effetti, un ‘esperto’ riesce a non rispondere a un’offerta di lavoro se su 20 competenze richieste gliene manca anche soltanto una, e magari pure minore.

Ogni esperto è un accumulatore seriale di diplomi, certificati e titoli, perché così, anche se sta evitando come la peste di mettersi in gioco, può sempre raccontarsi e raccontare che si sta preparando per farlo al meglio.

Se qualcuno fa loro dieci complimenti e un appunto, sarà sull’appunto che baseranno la valutazione di se stessi (o del loro interlocutore, a seconda dell’umore del momento).

L’esperto non fa per il timore di fallire, e fallisce per la mancanza di azione. Il suo punto debole è dunque la paura di sbagliare che può tenerlo in stallo anche anni.

Come se ne esce?

Perché lo so che alla fine di un’analisi ci si aspetta sempre la pillola che solve et coaugula.

Tuttavia, la pillola risolutiva per tutti i problemi, ormai dovremmo saperlo, non esiste.

Un primo passo che però va bene per tutti quando si tratta di trovare la via d’uscita da un sistema in cui non stiamo più bene è sempre l’esplorazione.

Il primo passo per cambiare, qualunque sia il cambiamento desiderato o richiesto, è dunque un passo che serve per conoscere e riconoscere.

Tu, per esempio, in quale di queste mimetizzazioni ti riconosci di più?

Post Scriptum

Martedì 23 giugno ho parlato di Sindrome dell’impostore undercover con Francesca Sollo di Social Muffin. Durante la chiacchierata ho anche dato qualche spunto per lavorare su ciascuna delle cinque mimetizzazioni.

Se non sei riuscita o riuscito a vedere la diretta, puoi recuperare la puntata qui:

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