imitazione e influenzabilità sono caratteristiche innate

Ho comprato i Dr Martens, le borse fiorate della Naj-Oleari, le scarpe da ginnastica della Fornarina (santo cielo, quanto puzzavano!) e i 501 della Levis (e ti garantisco che un jeans che mi stesse peggio non esisteva nemmeno al largo dei bastioni di Orione); ho vestito grunge saccheggiando l’armadio dei maglioni del compagno di mia mamma (1 metro e 90 per 90 kg lui; 1,60 per 47 chili io).

Ho appiccicato l’appiccicabile su almeno cinque o sei Smemoranda.

Ho cominciato a fumare perché mia sorella, ai miei occhi la persona più ganza dell’universo mondo, fumava.

Quando mi sono presa una cotta per un ragazzo che scriveva poesie e frequentava una sorta di Società dei poeti estinti (#truestory), mi sono messa a scrivere poesie e a vaneggiare d’amore, dolore, tremore e più o meno qualsiasi altra cosa che finisse per <ore>, perché in poesia una rima non si butta mai via.

Nell’età dell’innocenza, ho fatto tutto quel che un adolescente medio degli anni Novanta potesse fare. E molte cose si potevano dire della giovane me, tranne che non avessi personalità.

Facciamo quel che vediamo 

È un dato di fatto ampiamente dimostrato dalle neuroscienze con, per citarne una su tutte, la scoperta del dott. Rizzolatti dei neuroni specchio; dalla psicologia sociale con, per esempio, gli esperimenti del dott. John Bargh, e dalla psicologia infantile e le ricerche del dott. Andrew Meltzoff.

L’imitazione è un processo connaturato in ogni specie vivente: la si rintraccia negli stormi di uccelli, nei banchi di pesci, nei greggi, nei branchi e ovviamente negli uomini. Ed è anche un comportamento inconsapevole: vale a dire che gli animali si imitano l’uno con l’altro senza sapere di farlo.

Sì, ok, tu ora mi dirai che c’è anche chi imita per precisa scelta, o perché proprio non ce la fa a farsi un’identità sua: emuli, copioni, ladri di bagattelle, artistofagi (come li definisce Julia Cameron), personalità ombra, zecche, parassiti… D’accordo, c’è un nutrito gruppo di soggetti con cui non vorremmo mai avere a che fare, e magari un giorno ci troveremo davanti a un caffè e ne parleremo.

Volente o nolente, però, l’imitazione è una cosa che riguarda tutti, anche chi non è brutto e cattivo.

Facciamo quel che vediamo. E non sempre, e non necessariamente, questo ha a che fare con una mancanza di personalità, di autostima o di autodeterminazione.

Ciò che distingue l’animale uomo dalle altre specie è la maggior gestione volontaria che può agire sul legame percezione-azione (più comunemente detto: influenza).

Da cosa dipende l’effetto camaleonte?

«E proprio mentre tutti i denti della giungla sembravano convergere sulla nostra palizzata, all’improvviso la strana bestia balzò in mezzo a noi, con un volteggio che tracciò un arco rosso nella notte nera, e si rivelò piccola, agile, bruna e bipede. Era mio padre, con un braccio alzato: nella sua mano, prigioniero d’un ramo che fiammeggiava e fumava minaccioso, ricacciando indietro la giungla di un tratto ben superiore al balzo del leone, c’era il fuoco»

da Il più grande uomo scimmia del Pleistocene

Sappiamo con relativa certezza quando l’uomo ha iniziato a utilizzare il fuoco, ma non abbiamo prove provate di come abbia imparato a governarlo. L’ipotesi più accreditata è che l’abilità di generare il fuoco sia avvenuta per osservazione: guardando la natura, l’uomo deve aver cominciato a porsi domande su cosa innescasse la scintilla, e da lì è plausibile che abbia principiato a riprodurre volontariamente il prodigio.

Sia andata come sia andata, di sicuro l’imitazione è stata la più grande amica dell’evoluzione, e lo è tutt’ora. Basta osservare quanto rapidamente cresca un bambino quando ha occasione di copiare i propri simili.

Andrew Meltzoff, citato poco più sopra, è uno dei pionieri della ricerca sull’imitazione e il comportamento mimetico infantili. Egli sostiene che i bambini al di sotto dei quattro anni, poiché non hanno ancora sviluppato la capacità di controllare gli impulsi, attraverso l’imitazione degli altri bambini e degli adulti, imparano come reagire e comportarsi in diverse situazioni.

Il fenomeno imitativo è prevalente ma non esclusivo dell’età infantile. Anche da adulti manteniamo un certo livello di influenzabilità, e le ragioni sono pressoché le stesse:

Se è tutto così figo e naturale, probabilmente ti starai chiedendo perché diavolo io mi stia prendendo la briga di scriverci un post. Ti ringrazio per questa domanda così spontanea e per nulla telefonata 🙂

La fregatura

Lo status di esseri congenitamente influenzabili non fa di noi persone migliori o peggiori. Il camaleontismo non è di per sé né buono né cattivo. Tuttavia, ciò che ci influenza condiziona le nostre scelte e azioni.

Ti è mai capitato di trovarti in un ambiente particolarmente trascurato e sorprenderti ad adottare atteggiamenti di trascuratezza che non sono propriamente nelle tue corde? E di alzare la voce in una stanza in cui si parla ad alto volume, benché il tuo tono sia generalmente basso? O al contrario, di abbassarla anche soltanto nelle vicinanze di una biblioteca, di un sagrato, o di una finestra aperta?

In un interessante esperimento svoltosi in Olanda, ad alcuni studenti universitari è stato chiesto di andare a consegnare una busta in un certo luogo del campus. Se la destinazione era la biblioteca, nel tragitto gli studenti parlavano meno o in tono più basso rispetto a quelli inviati, per esempio, alla caffetteria.

Qualche anno fa, i ricercatori di Facebook hanno intenzionalmente alterato il tono positivo o negativo delle notizie di circa settecentomila utenti: selezionando a tavolino le notizie pubblicate dai contatti delle persone prese a campione, la newsfeed di alcuni utenti fu volutamente programmata per presentare le notizie più negative; la newsfeed di altri, per veicolare notizie più positive.

Il risultato dell’esperimento fece scoprire ai ricercatori che chi era stato esposto a post più positivi, pubblicava a sua volta contenuti più allegri; chi invece faceva parte del segmento che aveva visualizzato i post dal tono più negativo, condivideva status più tristi.

Parliamo di settecentomila cavie inconsapevoli: un campione decisamente significativo.

Conclusione: quando ci esponiamo a influenze positive, la probabilità di attuare comportamenti e scelte positive aumenta; quando ci esponiamo a influenze negative, accresce la probabilità di attuare comportamenti e scelte negative.

[Sugli effetti negativi, soprattutto in ambito professionale, di quando l’imitazione prende il sopravvento fino a sconfinare nell’emulazione e nella copia, ne ho scritto qui]

Seguire la corrente o reggere il timone

Pare proprio che il detto: «Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei», trovi argomentazioni piuttosto fondate nel campo delle scienze umane.

L’effetto contagio, come abbiamo visto, non riguarda soltanto le relazioni personali. Siamo influenzabili da ciò che vediamo, ascoltiamo e leggiamo; nella vita “reale” come attraverso uno schermo.

Il camaleontismo può venire attivato da un profilo su un social; da una pubblicità; da un film, una serie o un programma TV; da un romanzo, un fumetto o un saggio; da un brano musicale o da una conversazione o una scena captate per strada…

Ci influenzano i luoghi e i contesti: casa, ufficio, negozio; famiglia, scuola, cricca di amici, politica.

Ed è importante saperlo, perché solo attraverso l’esercizio della consapevolezza possiamo esercitare una qualche forma di governo su questa che è una caratteristica innata.

Non è molto diverso dal discorso sull’identificazione di cui scrivevo qualche post fa: ciò che subiamo passivamente o inconsapevolmente, ci domina; ciò che ci avventuriamo a scoprire di noi, e delle nostre connotazioni squisitamente umane, ci libera.

Uso la parola governo, che preferisco sempre alla parola controllo, perché la sua etimologia è: reggere il timone. E chi regge il timone non può certo cambiare i venti (la natura), ma può usarli per farsi portare là dove vuole andare.

Prova settimanale dell’eroe

Scrive John Bargh in A tua insaputa:

«L’impatto di un singolo individuo e l’effetto di una singola azione si moltiplicano e si diffondono fino a influenzare molte altre persone. Una goccia diventa un’onda. Le ripercussioni di un singolo atto possono farsi sentire per giorni. Perché non mettere in moto quell’onda ogni volta che se ne ha l’occasione?»

Questa settimana, ogni volta che puoi, fai esercizio di governo: per ogni post (o manifestazione diretta) triste, lamentoso, aggressivo, demolente e demotivante che incroci, scrivine uno allegro, propositivo, gentile, costruttivo e motivante.

Ora sai che non è un piccolo gesto da poco.

 


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