In tutte le storie c’è un personaggio che si muove nell’ombra. Non viene quasi mai identificato con un nome e il suo ruolo non pare così immediatamente importante. Eppure, in sua assenza, la storia che leggiamo, guardiamo, ascoltiamo e viviamo non sarebbe quella che è.

Il personaggio di cui ti sto parlando si chiama ambiente.

Ogni storia ha una sua propria ambientazione che influisce, più o meno direttamente, evidentemente e consciamente, sulle sorti del personaggio. Può farlo nel bene o nel male (ah, che bello il libero arbitrio!). Può essere un ambiente positivo o negativo. Oppure può trattarsi di un ambiente stagnante in cui non accade nulla di troppo e nulla di meno. In quel caso avremo probabilmente la storia più noiosa della storia delle storie, oppure, come succede spesso nelle sperimentazioni più ardite, un’incredibile opera d’arte qualunque.

Anche nella nostra storia quotidiana dobbiamo fare i conti con questo personaggio sfuggente che è l’ambiente in cui ci muoviamo. Non solo: i conti li dobbiamo fare anche con gli ambienti che fanno parte della nostra backstory, ovvero della storia che siamo stati fino all’attimo prima che tutto cambiasse. Dunque, un secondo fa.

In questa backstory c’è un ambiente che ha influito su di noi – formazione, visione e carattere – con più incisività di altri: la nostra famiglia.

Quale famiglia?

Le famiglie si somigliano tutte, ma non sono tutte uguali.

Nel cercare di trattare l’argomento ambiente famigliare proprio come farebbe uno sceneggiatore alle prese con la creazione del suo protagonista, ho suddiviso le famiglie che ho individuato attraverso l’esperienza diretta o l’osservazione in otto tipi:

  1. la famiglia sconfitte e frustrazioni
  2. la famiglia ansia e tristezza
  3. la famiglia critica e polemica
  4. la famiglia intrusioni e dictat
  5. la famiglia ori e allori
  6. la famiglia conflitti e separazioni
  7. la famiglia indisponibilità e distanza
  8. la famiglia caos e dramma

Si tratta di otto famiglie che potremmo definire “normalmente disfunzionali”, perché quello delle patologie vere e proprie non è certo il mio ambito. È chiaro che la realtà è sempre un po’ più complessa, o quanto meno più intrecciata di come la rappresentiamo per spiegarcela, quindi le otto tipologie di famiglia di cui parlerò non pretendono di essere conclusive o inclusive di tutte le possibili storyline esistenti.

Quel che mi auguro di riuscire a darti, scrivendone, è  una mappa per muoverti nel territorio del tuo passato e andarvi a intercettare tutte quelle informazioni che possono risultare importanti sia per la stesura del tuo presente sia per la creazione del tuo futuro.

Per non caricarti di informazioni e darti il tempo di elaborare, pesare, filtrare e scartare, ho scelto di dedicare un post al mese a ciascuna famiglia-tipo a partire, oggi, dalla famiglia sconfitte e frustrazioni.

La famiglia sconfitte e frustrazioni

Questa tipologia di famiglia è caratterizzata dalla sensazione diffusa che qualsiasi cosa rappresenti per essa un sogno, un desiderio, un obiettivo, ha poche, se non nessuna possibilità di concretizzarsi. Non è raro che nelle famiglie sconfitte e frustrazioni si verifichino eventi legati a una perdita significativa di denaro e/o prestigio; o che viga una qualche convinzione interiore legata al concetto di infausta predestinazione.

Hai presente il detto: «L’uomo propone, la Sorte dispone»? Ecco, se dovessi trovarne uno per sintetizzare il messaggio diffuso che sottostà ai pensieri, e dunque alle scelte di questo tipo di famiglia, non me ne verrebbe in mente altro più opportuno.

Che questa cosa non tragga in inganno però: in queste famiglie, il credere di poter intervenire solo fino a un certo punto nella realizzazione della propria sceneggiatura personale – aka vita, sogni, obiettivi – non agisce né da deterrente né da scusa per non sfidare la sorte. Anzi!

La famiglia sconfitte e frustrazioni è tale proprio perché è in continua guerra fredda con un destino a cui pensa di essere stata consegnata. In questa guerra fredda, tuttavia, non esiste una contesa chiara, quanto più un generico: «Checché ne dica tu, oh Sorte, io voglio tutto ciò che posso volere!». Ne consegue che qualsiasi conquista non è mai bastante.

Non solo: nell’esercizio di espressione del proprio pieno e libero talento, potenziale e sapere, i membri della famiglia sconfitte e frustrazioni si mettono spesso in imprese decisamente rischiose che affrontano sì con grande caparbietà e resistenza, ma anche con quel pelo di chiusura ai buoni consigli e al confronto che potrebbe rivelarsi utile, e in certi casi salvifico.

Il dolore di crescere tra sconfitte e frustrazioni

Nel sangue di questa tipologia di famiglia serpeggia un’infelicità tossica che corrode sia le relazioni tra i membri,  sia i membri stessi.

Le liti, improvvise esplosioni di malcelata insoddisfazione, divampano come roghi estivi. Decisioni importanti come lasciare o cambiare lavoro, casa e persino Paese, vengono prese sotto la spinta di un impulso alla fuga da quel che c’è, travestito da impulso all’innovazione, che amplifica il sentimento di vulnerabilità del nucleo e di ciascun elemento che lo compone.

In questo perenne «nuovo inizio» punge e ferisce la sensazione di mancare continuamente l’obiettivo consolidazione: tutto è liquido, tutto può scivolare via in un attimo.

Le sconfitte, quelle che arrivano sul piano delle esperienze, diventano una specie di segreto di famiglia di cui nessuno parla mai perché è come se a parlarne si finisse col rischiare di rompere qualcosa – e cosa esattamente non si sa – che non potrà mai più essere riparato.

L’a-successo della famiglia sconfitte e frustrazioni

La famiglia sconfitte e frustrazioni è destinata all’a-successo. Parola che ovviamente non esiste sui vocabolari ufficiali ma che fa parte del lessico famigliare e quotidiano di questo particolare nucleo.

I membri di questo clan, però, non sono votati a quello che io e te, se tu non fai parte della famiglia chiaramente, chiameremmo fallimento: semplicemente non sono destinati al successo. Non secondo la loro maniera di percepire le cose, almeno. Detto diversamente: qualunque successo raggiunto per loro non sarà mai sufficientemente significante. Per questo la vita assume, ai loro occhi, le caratteristiche di una frode.

Un famoso esempio di “prodotto derivato” da una famiglia sconfitte e frustrazioni potrebbe essere rappresentato dallo scrittore Lev Tolstoj il quale, all’età di cinquant’anni, con alle spalle notorietà, autorevolezza e successo, cade in una profonda crisi esistenziale e scrive (in La confessione):

«Le cose che ho fatto […] verranno dimenticate; prima o poi neanche io ci sarò più. E allora perché mai darsi da fare? Come può un uomo vedere ciò e vivere: ecco quel che è sorprendente! Si può vivere soltanto fino a quando si è ubriachi di vita; ma appena passa l’ubriacatura non si può non vedere che tutto questo è soltanto un inganno, uno stupido inganno! […] Non c’è niente di buffo o di spiritoso, […] è semplicemente crudele e stupido.»

Della vita di Tolstoj conosciamo il triste epilogo: in fuga dalla moglie, dai figli e probabilmente dalla sua stessa storia, lo scrittore si allontana di soppiatto da casa, nell’arco di poche settimane si ammala di una violenta polmonite e il 20 novembre 1910 muore senza mai riuscire a prendere, alla stazione di Astàpovo, l’ultimo dei treni dei suoi sogni infranti.

Dalla backstory famigliare alla story personale

Se hai riconosciuto nella tua famiglia d’origine i tratti di una famiglia sconfitte e frustrazioni, nell’occuparti della tua storia presente è bene se rivolgi la tua attenzione soprattutto a:

non confondere la smania di cambiamento con la sana tensione alla crescita personale. La vera innovazione va di pari passo al progresso ed è un processo, non una vampa. Se accendi ogni idea che ti passa per la testa, rischi di trovarti presto a dover spegnere un incendio;

non chiuderti nella scatola delle tue convinzioni. Confrontati con gli altri, in primis le persone che fanno parte del tuo quotidiano e che con te hanno una relazione intima, sia sul piano degli obiettivi e sia sul piano delle azioni per raggiungerli;

non mistificare i successi. Ciò che di buono esiste dopo una tua scelta e azione è frutto della tua abilità, del tuo talento e del tuo potenziale. È successo grazie a te, ed è fondamentale che tu lo riconosca;

non segretare i file delle tue sconfitte. Ogni tua sconfitta, vera o presunta, può rappresentare un’informazione utile non soltanto per te, ma anche per altri che dopo di te potrebbero ritrovarsi in una situazione simile alla tua. La vergogna per i propri inciampi è l’ostacolo più grosso al cambiamento.

Aspetto le tue riflessioni nei commenti!


 

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