Hai mai fatto un Bilancio di fiducia

Ti avviso, questo è un articolo lungo. Il bello è che tutto sommato scorre. Il meglio è che ti regalo pure una cosetta. Se sei pigra, o pigro, e impaziente, puoi saltare l’articolo e andare direttamente alla ricompensa. Se hai voglia di fare un passo in più nel tuo viaggio dell’eroe alla conquista della realizzazione personale, buona lettura!

Intanto, per partire in leggerezza, ti propongo un gioco. Nell’immagine qui sotto trovi: l’insieme degli sfiduciati, quello dei confidenti, e per rappresentare al meglio la rosa delle categorizzazioni, nell’intersezione tra i due insiemi trovi quella terra di mezzo che comprende gli uni e gli altri.

i cerchi della fiducia

Ora ti chiedo: dove inseriresti il tuo nome? Provo a indovinare: nell’intersezione, giusto?

Chiariamo subito una cosa, se ci ho preso non è perché ho il potere di leggerti nella mente, bensì perché non sono molte le persone che si infilano tra gli sfiduciati così, senza colpo ferire, e pochissime quelle che tirano dritte e senza indugio al cerchio dei confidenti.

E quindi: siamo tutti equilibrati nelle nostre percezioni emotive? Sarebbe magnifico, ma no. Altrimenti questo sarebbe il migliore dei mondi possibili, e invece sappiamo tutti quanti che ha un grande potenziale, ma ancora non lo ha espresso del tutto.

La zona di confluenza tra due poli contrastanti è, il più delle volte, un punto in cui le contrapposizioni, anziché incontrarsi per dissolversi in una soluzione equilibrata, si smezzano lo spazio più o meno equamente. Proprio come nell’immagine che ti ho messo poco sopra.

E cosa accade in questo spazio di convergenza tra sfiduciati e confidenti? Che la nostra percezione di fiducia sale e scende in continuazione, con picchi anche notevoli, portandoci a perdite d’equilibrio non da ridere.

Intendiamoci, l’equilibrio è un costante esercizio di bilanciamento: per conquistarlo dobbiamo quindi muoverci, ma armonicamente, con un ritmo dolce, un passo cadenzato.

Le montagne russe tra uno stato d’animo e il suo contrario, tra polo + e polo -, non solo consumano in un amen le batterie della nostra motivazione, ma incidono fortemente sia sull’autostima che sul senso di autoefficacia.

[Se non l’hai ancora fatto, vai a leggerti i miei ultimi articoli a tema autostima >>> qui  e >>> qui ]

Nel campo della fiducia, trovare un equilibrio – e cioè un punto d’incontro e non soltanto uno spazio di precaria convivenza tra confidenza e diffidenza– significa muoversi, e agire, sulle sei case.

Le sei case della fiducia rappresentano i diversi settori della vita in cui manifestiamo o non manifestiamo l’affidamento. Sono, in un ordine di importanza valido per la maggior parte delle persone, ma non certo per tutti:

  1. la casa della fiducia in sé
  2. la casa della fiducia sociale (nell’altro)
  3. la casa della fiducia professionale
  4. la casa della fiducia nel denaro
  5. la casa della fiducia nella salute
  6. la casa della fiducia nel futuro

Fiducia in sé

Fidarsi di sé non è il risultato di un match: errori VS grandi gesta. Ci sono persone che commettono un sacco di errori eppure non perdono un briciolo di fiducia nella loro capacità o possibilità di riscatto e miglioramento. Allo stesso modo ci sono persone che potrebbero stilare una lista di doti e imprese meravigliose che appartengono loro, eppure sono ancora al palo della sfiducia in sé.

La buona manutenzione di questa casa passa innanzitutto da una relazione onesta, sincera e amorevole con sé stessi. Le relazioni si costruiscono sul dialogo e quella tra sé e sé non fa eccezione. Soltanto che il dialogo è interno e continuo. Ti domando: come sono i toni? Accesi, aggressivi, rimproveratori; oppure pacati, empatici, motivanti?

Nel caso ti trovassi nel folto gruppo di chi è tormentato da un dialogo interno particolarmente acceso, aggressivo e rimproveratorio, ti regalo uno strumento magico, ma come ogni mago che si rispetti, non ti svelo il trucco: lo capirai con la pratica.

Quando parte il tuo dialogo interno presta attenzione a dove si colloca la voce preponderante all’interno della tua testa: la senti a sinistra, o a destra? Una volta che l’hai collocata, fai un bel respiro e sposta questa voce esattamente dal lato opposto. Cosa accade? Sì, lo so: è pazzesco vero?

Fiducia sociale

Gran parte della sfiducia che portiamo all’interno di questa casa ha poco a che fare con le risposte che riceviamo dal mondo esterno e molto con ciò che proiettiamo sul mondo esterno.  Quando andiamo verso l’altro, nel mondo, siamo sempre molto più preoccupati di come ci presentiamo, di quale immagine restituiamo, di quanto possano essere interessanti le cose che abbiamo da dire e  condividere.

Detto in parole povere: quando ci relazioniamo con l’esterno di fatto ci stiamo relazionando con l’idea che abbiamo di noi quando ci troviamo all’esterno. Quindi parliamo da soli, e ci sentiamo soli. Soli, incompresi, impacciati, goffi, inadeguati, rifiutati… Ognuno di noi ha modi propri e preferenziali di mettersi all’angolo.

La casa della fiducia sociale in verità è un giardino: non ha mura, non ha tetti e soprattutto non ha arredi. Sono le persone che arrivano, si fermano e vi soggiornano per un po’ a portare quel che serve, quando serve. Se permettiamo loro di farlo.

Il giardino della fiducia sociale del timido, per fare un esempio, è recintato da mura più o meno alte e invalicabili. Da dietro quelle mura il timido sente le voci del mondo: ma sono voci a cui non può dare volto e collocazione; voci che si mischiano e si confondono, tramutandosi in un codice indecifrabile attraverso il quale egli si figura un mondo di caos, troppo complesso e ingarbugliato per riuscire a ritagliarsi uno spazio. Non è certo un’immagine di mondo alla quale abbandonarsi con fiducia.

Per decodificare il mondo bisogna entrare nel sistema. Entrarci in presenza – non soltanto fisica, ma anche mentale – e parteciparvi. Questo non significa che a te timida, o timido, io stia dicendo: vai e diventa la regina, il re, del party. No, io ti sto invitando a presentarti al party e a darti alle danze dall’ascolto attivo e partecipato e vedrai che presto troverai le parole per inserirti con grazia e successo nel complesso di voci.

Fiducia professionale

Nella casa della fiducia professionale puoi attaccare ai muri quanti certificati e quante lauree ti pare e piace, ma se non hai ancora messo il pavimento rimane una casa scomoda da abitare.

Se sei ancora lì che pensi che quando prenderai quel master in solletico ai lombrichi, allora e solo allora potrai dirti un serio entomologo; se durante una riunione ti risolvi a rispondere a telefonate immaginarie pur di saltare il turno ed evitare di esprimere un’idea, un’opinione o una critica costruttiva; se quando parli con i tuoi vecchi compagni di liceo ti sembra di essere l’unica, o l’unico, a non aver ancora trovato una collocazione nel mondo dei pro; se i quaderni delle idee sono diventati più ingombranti di una collazione Reader’s Digest e quello delle idee realizzate, l’unico e praticamente intonso, è finito in soffitta per mancanza d’uso, allora il pavimento di questa casa è davvero ancora alla fase sterrato.

Il pavimento però non è in regalo con la raccolta punti dei titoli di specializzazione che stai accumulando nella tua infidelity card. Aumentare la collezione di certificati, non diminuirà gli ostacoli che ti impediscono di piazzar su delle benedette piastrellone di granito, o il parquet se preferisci.

Perché il pavimento della casa della fiducia professionale sia solido e non salti alla prima camminata, devi occuparti dei tuoi punti deboli. Loro sono l’ostacolo. Potrebbero essere punti deboli in altre case della fiducia che si riflettono in questa. O magari appartengono a queste mura.

Prendiamo Pinotto. Pinotto è un panettiere, ce lo dice il suo diploma alle Arti Bianche. Per un panettiere è massimamente importante fare un buon pane, e Pinotto in effetti fa un pane eccezionale. Ma per vendere quel buon pane, Pinotto deve fare i conti con altre abilità necessarie: la voglia e la capacità di soddisfare le abitudini di gusto e d’acquisto dei clienti; il saper trattare con i fornitori (sapere cosa, come e quando chiedere), gestire un magazzino; usare un registro di cassa… Insomma, per fare il panettiere il diploma specialistico non basta, e non basta nemmeno saper fare le migliori michette dell’Universo: bisogna sviluppare, o migliorare, tutti quegli aspetti trasversali che costruiscono la professionalità e pongono in essere le basi per un atteggiamento fiducioso, pilastro fondamentale per la crescita, la realizzazione e il successo.

Fiducia nel denaro

Ecco il tasto dolente: i soldi! Se avessi un euro per tutte le volte che qualcuno mi ha detto: «Non bastano mai!», non sarei costretta a ripetermelo ogni due per tre anch’io.

Quella della fiducia nel denaro è per molte persone una delle case meno antisismiche dell’intero agglomerato. Questo perché la maggior parte di noi ha ricevuto un’educazione finanziaria pessima, quando proprio non l’ha ricevuta affatto. I miti sui soldi, sull’averne troppi o troppo pochi, si sprecano. La totale adesione all’idea di crisi (non so tu, ma io che sono nata nel Settantanove sento parlare di crisi dall’Ottanta) è diventata ormai una seconda pelle.

Dall’industriale di Garlate, al bracciante di Villamassargia, la fiducia nell’aspetto finanziario della vita segue la famosa massima: se qualcosa può andare peggio, lo farà.

Mai come per questa casa è azzeccata la parola confidenza. Essere confidenti con il denaro significa entrare in intimità con l’aspetto finanziario della nostra nostra vita. Se un oggetto mi è intimo, infatti, lo conosco: so dove trovarlo, come usarlo e quando.

Approfondiamo dunque questa relazione.

  • Quand’è che ti ritrovi a pensare che i soldi non bastano mai?
  • In quali occasioni preferisci accantonare anziché spendere?
  • Per cosa spendi?
  • Hai l’abitudine di tenere un quaderno delle spese?
  • Se non ce l’hai, e se la tua casa del denaro trema ad ogni minima folata di vento, ti consiglio di farlo. Ma non limitarti a segnare entrate e uscite giornaliere, per le spese non fisse (quindi escludi mutuo o affitto, tasse, servizi fondamentali come luce, gas, adsl, asilo o altre spese destinate ai figli…) appuntati anche:
    a) cosa ti ha spinto a affrontare quella spesa
    b) cosa è successo prima
    c) come ti sei sentita/sentito dopo
    d) con chi eri?
    e) di cosa stavate parlando?

Se ti sembra un assurdo esercizio di stile, lascia che ti dica questo: non è più assurdo del continuare ad avere paura di finire sotto un ponte dall’oggi al domani, o dell’angoscia che ti procura il pensare di dover tornare a vivere con mamma e papà alla soglia dei 40 anni, e non sapere nemmeno perché.

Fiducia nella salute

Subito dopo i soldi, e poco prima del sesso, tra “le esse del terrore” troviamo la salute. Intanto faccio una pubblica confessione: io sono una ex ipocondriaca pentita. Pentita perché non mi ci va una calcolatrice per sapere che ho passato metà del tempo della mia esistenza di adulta a prefigurarmi diagnosi terribili a ogni minimo mal di pancia. Tempo usato davvero male.

Come fai a sapere se questa casa della fiducia non ha le fondamenta solide che le servirebbero? Per esempio se sei tra chi rinuncia a una serata fuori per un inizio di mal di testa, che di sicuro, ti conosci bene tu, peggiorerà; se a ogni richiesta del medico di approfondire alcuni sintomi con delle analisi incominci a pensare a chi potresti lasciare la tua collezione di graphic novel; se al primo sintomo di qualche malanno, anziché mettere mano alla tua agenda per alleggerire il carico, tiri una riga su tutti gli impegni.

Dalla malfidenza nei confronti della salute si può guarire. Innanzitutto è importante una diagnosi accurata:

  • quel cedere al gorgo dei peggiori scenari immaginabili,  potrebbe essere una richiesta di attenzione?
  • l’apprensione verso una situazione di salute momentaneamente compromessa, potrebbe essere un modo per arrenderti di fronte ad altre sfide che ti creano ansia e timore di fallire?
  • ricordi periodi in cui la manifestazione di un malessere fisico, di media o grande entità (come una forte influenza, la rottura di un arto, un intervento chirurgico…) non produceva in te lo sconforto che produce ora?

Fiducia nel futuro

A cosa pensi, quando pensi al tuo futuro? Alcuni di noi pensano al futuro soltanto in relazione a qualcosa di molto specifico: il futuro professionale, il futuro amoroso, il futuro famigliare, il futuro finanziario… Altri si fanno film più universali: il futuro del Pianeta; il futuro della scuola; il futuro della genitorialità…

Che tu sia tra i futuristi dei massimi sistemi, o tra i futuristi del piccolo mondo antico, devi sapere che ad alimentare l’investimento dell’affidamento che fai sul futuro non sono le certezze. Moltissimi miei clienti, per non dire tutti, investono un sacco di risorse – fisiche, emotive, pratiche – a pre-occuparsi di creare il massimo numero di certezze possibili per assicurarsi un futuro migliore.

Eppure le certezze non sono la cassaforte delle belle e buone promesse. Mettiamo che dall’oltremondo arrivi lo spirito delle certezze che ti rivela che tra un anno esatto ti cadrà un bel mattone sulla testa e stop, fine delle trasmissioni. È fuor di dubbio un’informazione certa, tuttavia non tra le più foriere di fiducia nel domani.

Per guardare al futuro con fiducia bisogna imparare ad agire fiduciosamente nel presente. È nell’azione che ci misuriamo con la vita e i suoi preziosi insegnamenti. È nell’azione che agiamo la vita e non ci perdiamo nei meandri delle paturnie, dei pensieri limitanti, delle credenze che ci condizionano. E l’azione non richiede certezza, tantomeno perfezione.

«Rem tene, verba sequentur» ha scritto Aristotele nella Retorica: abbi chiaro il concetto, le parole arriveranno. Io te la metterei così: abbi cara l’azione, la fiducia arriverà.

Nel frattempo, sollazzati con questo quaderno degli esercizi che ho preparato per te: serve a fare il tuo Bilancio della fiducia, a capire cosa succede quando la perdi, in quale casa la perdi più spesso e in quale vai alla grande.

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Raccontami la tua esperienza con le cinque case della fiducia nei commenti!