Il post di questo lunedì è del tutto nuovo rispetto a quelli a cui ti sei abituata, o abituato, a trovare qui.
Devi sapere che quando ho cominciato il progetto di Coaching in fabula, avevo deciso che il formato principale dei contenuti che avrei condiviso con te, sarebbe stato audio.
Un po’ perché avevo nostalgia del lavoro in radio. Poi perché io per prima sono una fruitrice compulsiva di podcast e programmi radiofonici. Infine, perché speravo di coinvolgere il mio Sound Hunter nell’impresa, così da trovare l’ennesimo punto di unione che ci facesse passare insieme un po’ più del tempo che riusciamo a ritagliarci.
Ciò che è successo nell’ultimo anno e mezzo, cioè dal giorno in cui ho rilasciato questo sito, è che: il Sound Hunter ha passato più giorni in trasferta che non a Torino, e io ho accantonato l’idea di realizzare un mio podcast in attesa di tempi migliori e di un valido assistente su cui contare.
What happens?
La scorsa settimana, mentre – ligia ligia al mio calendario editoriale – mi apprestavo a scrivere il post che avresti dovuto leggere al posto di questo, mi sono accorta che lo stavo facendo senza il consueto entusiasmo con cui mi siedo davanti al monitor del computer.
Inizialmente ho pensato fosse soltanto un po’ di stanchezza accumulata, così ho deciso di chiudere l’editor di WordPress e di concedermi 24 ore di pausa di riflessione.
Tuttavia, passate le 24 ore, l’entusiasmo e la voglia di scrivere il blog post non solo non mi è tornato, bensì è addirittura diminuito.
Ragiona che ti ragiono, giungo alla conclusione che, forse, la causa è da imputarsi all’argomento «timori e sfide».
Capita, soprattutto quando si elabora un calendario editoriale semestrale, di trovarsi ad un certo punto distaccati dagli stimoli e dalle intenzioni con cui avevamo redatto il piano.
Non è qualcosa che mi spaventi. E non è nemmeno così raro che mi accada. Anzi, se si parla di stravolgimenti al calendario editoriale, sono una vera pro.
Di solito, però, cambio in corso d’opera le tematiche di cui scrivo solo se c’è un argomento che mi punge di più. E questa volta non c’era.
Ricollegarsi
Conosco molto bene i sintomi da Blank Page Syndrome, la sindrome da pagina bianca, e so per certo che ciò che mi ha bloccata la scorsa settimana non rientra nella casistica.
Sapevo con chiarezza cosa volessi scrivere e non mi mancavano le parole per farlo: non ne avevo proprio voglia. O meglio: non avevo voglia di farlo come l’ho sempre fatto.
E che si fa quando si è preso un impegno, non soltanto con se stessi, ma manca la motivazione per tenergli fede?
Si cambia il paradigma di partenza. La domanda di assunzione.
In casi come questo, quando si apre il conflitto tra ciò che riteniamo di dover fare e ciò che sentiamo di voler fare, indagare senza giudizio la ragione che ci ha spinti a prendere un impegno è spesso rivelatorio:
• qual è il vero impegno che ho preso?
Nel mio caso, non era di certo scrivere un blog post alla settimana per stare dietro a una pianificazione di contenuti, soddisfare i parametri dei vari algoritmi, e restare in pole position sui motori di ricerca.
No, io ho scelto di creare contenuti, qui e altrove, per condividere con te ciò che so, che imparo e che metto in discussione.
Quel che desidero davvero non è di non perdere posizioni sui motori di ricerca: è esserci per te. E non importa che io lo faccia così o cosà, importa che in qualunque modo lo faccia, io riesca a darti la parte migliore di me.
La parte migliore di me, così come la parte migliore di te, non esce quando ci annoiamo, o ci lasciamo condizionare dalle abitudini, o siamo preda dell’angoscia di bucare una promessa.
Semmai, esce quando abbiamo il coraggio di ammettere che qualcosa che ci è andata bene per un tempo x, non ci va più bene adesso.
Quando, anziché collegarci emotivamente ai nostri timori più spaventevoli, ci connettiamo ai desideri più veraci.
La via d’uscita è dentro
«La via d’uscita dentro», ha scritto il poeta Rumi.
È una di quelle frasi che avrei voluto scrivere io. Perché è vera e semplice. Perché dice tutto, senza troppi giri di parole.
Così, mi sono fatta un giro dentro di me e ho scoperto che, agguerrita e irriducibile, c’era una Carlotta che stava ancora aspettando di dare il via al suo podcast.
Da dietro una robusta barricata tra le idee e la possibilità di realizzarle, quella Carlotta mi stava sfidando: «Davvero non c’è nulla che tu possa fare per il mio podcast?»
Coraggiosa, la tipetta!
Così, dopo una lunga e sofferta negoziazione di pace, io e l’altra me siamo arrivate a una risoluzione del conflitto.
Come, lo puoi scoprire ascoltando il primo episodio di Wunderkammer: il podcast che ha aspettato un anno e mezzo per vedere la luce e che troverai, da oggi in poi, ogni lunedì, qui sul blog o direttamente su Spreaker.
Tanto per cominciare, e poi, si vedrà.
Qui invece e dove ti racconto cosa troverai nella Wunderkammer:
Il podcast
Sai qual è la cosa più buffa di tutta questa storia? Che nel primo episodio di Wunderkammer ti parlo, guarda caso, di timori e sfide: il calendario editoriale è salvo. Io, anche.
Ti auguro buon ascolto e uno splendido inizio di settimana!
E se hai consigli da darmi, critiche costruttive da farmi, o vuoi semplicemente raccontarmi la tua esperienza con le sfide e i timori che bloccano o hanno bloccato la strada dei tuoi desideri, lasciami un commento.
P.S.: nessun fonico è stato maltrattato per realizzare questo podcast, ma senza i consigli del Sound Hunter in trasferta, probabilmente avrei issato bandiera bianca.