I musicanti di Brema e l'autoinganno

Un asino, un cane, un gatto e un gallo, vissuti in quattro diverse fattorie, sono stati sempre trattati male dai loro padroni, che, una volta invecchiati, volevano sbarazzarsi di loro. Decidono allora di abbandonare il proprio territorio e fuggire. Dopo essersi incontrati, decidono di andare insieme a Brema, in Germania, per vivere senza padroni e provare a diventare musicisti nella banda della città.

Sulla strada per Brema i quattro animali, stanchi dal lungo cammino, scorgono una casa illuminata, vi guardano dentro e vedono dei briganti seduti ad una tavola riccamente imbandita. Essendo affamati, pensano di mandarli in fuga per poter avere del cibo: dopo essersi posizionati l’uno sopra la schiena dell’altro, intonano uno strano concerto emettendo i propri versi, producendo un rumore assordante. I briganti, non sapendo da dove provenga quel trambusto, pensano che la loro casa sia infestata da fantasmi e fuggono via spaventati. Gli animali allora entrano, si rifocillano con il cibo lasciato dai briganti e decidono di fermarsi lì a dormire per la notte.

Durante la notte i briganti, non sentendo più rumori, decidono di mandare uno di loro a controllare se nella casa va tutto bene. Non essendoci luce, il volontario va in cucina per accendere una candela. Vedendo gli occhi del gatto brillare nell’oscurità, li scambia per carboni ardenti e avvicina la candela verso il gatto, che però gli salta addosso e gli graffia la faccia. L’uomo fa qualche passo indietro e il cane gli morde una gamba, poi l’asino gli tira un calcio e infine il gallo lo spaventa urlando da sopra il tetto.

Tornato dai suoi compagni, il brigante volontario, non avendo visto le cause di ciò che gli è accaduto a causa del buio, racconta loro di essere stato malmenato da un’orribile strega che lo ha graffiato (il gatto), da un uomo che lo ha pugnalato (il cane), da un mostro che lo ha bastonato (l’asino) e da un giudice sopra il tetto (il gallo) che ha urlato «Portatemelo qui!». Da allora, non avendo il coraggio di tornare nella casa, i briganti l’abbandonano definitivamente e i quattro animali rinunciano ad andare a Brema e vivranno felicemente lì per il resto della loro vita.

Questa la trama ottimamente sintetizzata (da qualche autore di Wikipedia,  non da me) dei Musicanti di Brema dei fratelli Grimm: una bella storia dal finale felice in cui gli ultimi diventano i primi.

Mmm… davvero?

La fiaba che inganna

Di fronte a quattro rifiutati che rischiano l’espulsione dal proprio contesto, il nostro processo di identificazione empatica ulula come un lupo alla luna; e quando i quattro riescono in qualche modo a ottenere quello che ci viene presentato nelle parole come un riscatto sociale, i nostri animi finalmente si placano.

Se a ciò aggiungiamo che per ottenere questo riscatto, i quattro simpatici e attempati animaletti in fuga hanno anche gabbato dei briganti – persone poco affidabili e di indubbia malarazza – soffiando loro addirittura la casa e tutto quanto vi fosse dentro, siamo immediatamente portati a credere di trovarci di fronte a un classico esempio di happy end.

Ragione per cui, I musicanti di Brema dovrebbe essere insignita del titolo di fiaba delle fiabe dell’inganno. Anzi, meglio ancora: della presa per il… derrière.

Già, perché l’asino, il cane, il gatto e il gallo, prima di lasciarsi irretire dall’idea di espropriare la casa dei briganti per garantirsi un nido sicuro in cui appoggiare pigramente il sedereavevano un vero progetto di riscatto: dopo aver passato tutta la vita a servire gli umani nelle loro fattorie (l’asino accollandosi il peso del raccolto, il cane difendendo il territorio, il gatto acciuffando i topi e il gallo aiutando con il suo canto mattutino a regolare il tempo del lavoro ai campi), prima di essere “rottamati” (e quindi ancora una volta agiti nel loro destino dalla mano umana), decidono di liberarsi dal giogo dell’uomo e realizzarsi in un obiettivo personale (diventare musicisti).

La motivazione che inganna

Se decidiamo di  prendere la nostra storia in mano e cambiarla “a causa di” (i quattro protagonisti della fiaba se ne vanno dalle loro fattorie perché, ormai vecchi e meno prestanti, temono di essere comunque espulsi, o peggio, e non vogliono fare una brutta fine), la trama di cambiamento che andiamo a disegnare il più delle volte manca di una prospettiva realizzabile. Nel breve termine, ovvero nel tempo che serve a darci lo slancio per cambiare, una trama con una prospettiva poco realizzabile assolve il medesimo compito che assolverebbe una trama più attuabile.

Prendere la decisione di cambiare “a causa di” o “allo scopo di”, lì per lì non sembra fare la differenza. Eppure la fa.

La fiaba dei Musicanti di Brema è una storia di cambiamento “a causa di”. Una storia di fuga, e non di redenzione come vorrebbe farci credere il titolo. Infatti, alla fine della fiaba, i quattro protagonisti non diventano musicanti. Semmai degli scampati a un triste destino che, a conti fatti, non è poi tanto meno triste che rinchiudersi tra le mura di una fortezza (la casa dei briganti) e attendere la morte.

♦ Passa in rassegna le ragioni che ti spingono a cambiare: stai scappando da qualcosa, o stai andando verso un desiderio?

L’ingannevole logica della rinuncia

Quando, dopo aver passato gran parte della nostra vita a delegare le decisioni più importanti ad altri (decisioni relative a chi dobbiamo essere, che ruolo dobbiamo occupare e come dobbiamo comportarci ⇒ puoi approfondire il discorso sulla delega qui), decretiamo che è tempo per noi di muovere i nostri passi in autonomia ed esercitare il nostro potere personale per perseguire i nostri sogni e desideri, ci troviamo catapultati in una realtà nuova e altra.

Da una parte, questa realtà nuova e altra ci entusiasma e ci fa sognare futuri spettacolari. Dall’altra, avere la totale responsabilità di noi stessi e del nostro destino ci atterrisce. Perché sappiamo bene che accogliere l’onore che può derivare dalle nostre scelte – e quindi i meriti dei nostri successi, delle nostre conquiste, delle nostre buone azioni–, ci accolla anche l’onere dei nostri errori e fallimenti.

Pouf! Più nessun “fattore” (autorità agente) da poter incolpare, contro il quale inveire, dal quale liberarsi e fuggire. Ed ecco che d’un tratto i sogni grandiosi ai quali ci siamo abbandonati e affidati quando ancora eravamo in un ambiente protetto, seppur ostile, o appena appena fuori, si ridimensionano.

♦ In fondo, ci raccontiamo, ci va bene anche meno; e ragionandoci su, era peggio prima; e poi, tutto il mondo è paese e alla fine della fiera basta trovarne uno sufficientemente accogliente e servito. O no?

L’inganno della ricompensa

Nel contesto di vita delegata di cui si parlava poco sopra, i vari facente funzione di “fattori” all’interno della nostra fiaba personale, sono riusciti a tenerci mansueti e in qualche modo asserviti con una pratica manipolativa semplicissima: il gioco del bastone e della carota.  Ogni volta che abbiamo assecondato determinate richieste, esplicite o implicite, ci è arrivata la carota; ogni volta che le abbiamo disattese, ci ha raggiunte e raggiunti il bastone.

Fuori da questo contesto, nel momento in cui passiamo da personaggi agiti a protagonisti agenti della nostra storia, la regola del bastone e della carota non vale più.

«Dov’è la mia ricompensa?», ci domandiamo quando, dopo aver lavorato duramente e messo tutto il tempo a nostra disposizione a servizio del risultato, il risultato non si traduce subito in altri obiettivi edificanti o nella felicità desiderata.

Come i quattro animali della fiaba,  che dopo essersi presi il rischio della fuga e aver camminato a lungo, si ritrovano ancora nel fitto bosco, affamati, infreddoliti e probabilmente non proprio sereni e tranquilli a dover passare la notte esposti alle intemperie e ai possibili predatori, anche noi, nel momento in cui sentiamo di star lavorando e faticando duramente per niente (o comunque non per quel che ci aspettavamo), tendiamo a rinunciare e a cercare una ricompensa più comoda e immediata.

♦ «Piuttosto che nulla, è meglio piuttosto», recita un refrain popolare. Ok, ma se ti stessi fermando un attimo prima della meta? Ti invito a pensarci e a fare un’esame accurato dello stato della tua fiducia.

Complici dell’inganno

Nei Musicanti di Brema un ruolo fondamentale lo ricoprono i briganti. Lungi dall’essere gli astuti e smaliziati furfanti che il ruolo imporrebbe loro, la combriccola di manigoldi si fa imbrogliare, da quattro attempate bestie smarrite e in fuga, come un gruppo di turisti giapponesi a Caracas.

A un certo punto della fiaba pare quasi vi possa essere una svolta: uno dei masnadieri viene spedito in perlustrazione della casa dalla quale sono appena stati cacciati da quella che hanno creduto essere un’infestazione di fantasmi.

Arrivato a destinazione, il brigante viene accolto da una nuova messa in scena dei quattro usurpatori e gambe in spalla abbandona per la seconda volta la proprietà correndo a raccontare ai compagni quale terribile forza si sia impossessata della loro abitazione, nutrendo di fatto una credenza costruita su uno spavento.

Già in altri appuntamenti con #ilraccoltodeiracconti abbiamo avuto modo di vedere che di solito i diversi personaggi presenti nelle fiabe incarnano le sfaccettature della, del o dei protagonisti: Cenerentola è tutte le donne della sua vita, ma è anche il suo stesso destino (il principe); Cappuccetto Rosso porta in sé la mamma e la nonna (l’educazione), così come il lupo che la divora…

Anche in questo caso i briganti rappresentano l’altra faccia della medaglia del coraggio e della fiducia: la paura e il sospetto. D’altra parte, a vivere isolati dagli altri e ad andar per il mondo giusto per accaparrarsi cibo e oggetti, non si impara certo a osservare ciò che di bello può riservarci la vita nelle sue manifestazioni più inaspettate.

♦ E tu a che lato della medaglia guardi più spesso?

Prova settimanale dell’eroe

La prova dell’eroe di questa settimana consiste nel fare un piccolo passo oltre la boscaglia delle tue credenze e delle tue paure, per avvicinarti un po’ di più a qualunque cosa possa rappresentare per te il diventare una o un musicante di Brema.

Ciò significa sfidarti a proseguire in un compito, in un obiettivo, in una decisione, oltre il punto in cui ti fermeresti. Oltre il punto cioè in cui di solito ti blocchi per assicurarti la ricompensa minima.

Incomincia con qualcosa di piccolo, senza esagerare. Basta, per esempio, che tu ti spinga fuori casa quando la confortevolezza del divano ti farebbe restare più volentieri spiaggiata o spiaggiato davanti alla TV.


Senti che questa fiaba rappresenta più di altre la tua storia? Lasciami un commento e fammi sapere perché!

Hai una fiaba del cuore e ti piacerebbe ‘rileggerla’ con me? Scrivimi il titolo nei commenti e raccontami la ragione per cui per te è così importante!