Non c’è giorno che non esca dalla mia bocca la parola potenziale o una sua declinazione: multipotenziale, depotenziamento, potenziamento. Fa così parte del mio vocabolario che ne sono assuefatta.

Come i gesti e i vizi, anche le parole possono diventare un’abitudine. E in quell’abitudine lessicale ci beiamo, felici di aver trovato in un lemma un’altra piccola certezza che ci salverà dall’entropia universale.

Una certezza, sì, hai letto bene; perché attraverso le parole noi diamo un significato alle cose e al mondo: definiamo. Che ha la stessa radice di definitivo e la stessa matrice dell’immobilismo.

Di definizione in definizione

Siamo definiti dal nostro cognome, il patronimico che indica alla società il clan di appartenenza. Dal nostro nome, una sorta di identità ricamata per noi dai genitori, ricca di suggestioni, informazioni, aspettative (per esempio, mio padre scelse per me Carlotta perché gli pareva il nome per una bimba vivace, simpatica e un poco monella… Indovina che tipo di bambina sono stata?).

Siamo definiti dal nostro genere, dall’aspetto fisico, dalla leva di nascita e persino dal luogo in cui veniamo al mondo. Ci definiscono il nostro lavoro, il ruolo all’interno delle relazioni e anche i cataloghi del momento: Generazione X, Millenials, giurassici digitali, nativi digitali, surfers, contrarians, multipotenziali… 

Alla lettera

C’è un modo di dire che mi incuriosisce da sempre: «prendere alla lettera», ovvero attenersi strettamente a qualcosa. 

Non so come sia per te, ma se io cerco di visualizzarmi l’espressione come in un fermo immagine, quel che vedo è qualcuno che si aggrappa disperatamente a qualcosa per non rischiare di perderla, o di venirne bruscamente separato.

Se prendo alla lettera un feedback, per esempio, che sia buono o meno lo trasformo immediatamente in una sentenza. 

Se prendo alla lettera il fatto che esistano soltanto due generi – maschio e femmina –, qualunque cosa esca da queste due definizioni mi risulterà per forza di cose de-generato. 

Se prendo alla lettera la mia natura multipotenziale, non mi sentirò mai nel ruolo di chi può permettersi una vita priva d’ansia, confusione, frustrazioni e dispersioni.

[Di origine della frustrazione ho parlato anche qui]

Dalla definizione alla smarginatura

A ogni definizione il timore di perdersi nell’oceano delle possibilità si placa. Persino quando la parola con cui scegliamo di identificarci vuole significare, di fatto, che abbiamo il sacro terrore delle etichette, come per la tag multipotenziale.

Mi viene in mente ciò che Tyler Darden dice al suo altro sé in Fight Club:

«Le cose che possiedi, alla fine ti possiedono»

E ciò vale anche per le definizioni con cui decidiamo di vestire la nostra identità: tutti i «sono» e i «non sono» alla fine prendono il sopravvento e ci fanno dimenticare che il vero tradimento dello spirito umano è rinnegare l’incertezza.

«Sono un/una multipotenziale» è un’affermazione identitaria a funzione analgesica.

Se sono un o una multipotenziale, infatti, non ho più bisogno di trovare una giustificazione alla mia erranza, alla mia irrequietezza, alla mia curiosità disordinata. Posso smarginare – sempre entro certi limiti, sia chiaro – senza che nessuno si senta in dovere di intervenire per curarmi o correggermi.

Perdere la certezza, coltivare la creatività

Perdere la certezza, per la maggior parte di noi, è un po’ come perdere la verginità: deve valerne la pena!

Se propendiamo per una sensibilità più femminile vogliamo che sia speciale e importante. Se invece abbiamo un’energia più maschile vogliamo che sia esplosivo e possibilmente non umiliante. Altrimenti, meglio aspettare.

Perdere la verginità, però, è condizione necessaria al diventare fecondi. Così come lasciare andare la necessità di certezze, anche quella che ci arriva dalle definizioni e dalle auto definizioni, è condizione necessaria all’agire efficace. Ovvero quel fare che non è solo occupazione ma «azione verso».

Cancellare le definizioni, decidere le azioni

Non tutte le definizioni vengono per nuocere, ma se lo fanno è bene non far finta di nulla.

Se le tue definizioni stanno limitando la tua possibilità di successo e realizzazione, puoi intervenire seduta stante.

Questa volta ti suggerisco di farlo in modo insolito, mettendo in pratica i consigli di una grande poetessa, poco conosciuta qui da noi e che io trovo meravigliosa: Jane Kanyon. Consigli che puoi leggere, nella versione originale, nella raccolta A Hundred White Daffodils.

Qui sotto, invece, nella mia traduzione senza pretese:

Di’ tutta la verità.
Non essere pigro, non avere paura.
Lascia il critico fuori dalla porta quando stai ideando qualcosa
di nuovo. Corri dei rischi e abbi rispetto delle tue emozioni.
SII UN BUON AMMINISTRATORE DEI TUOI DONI.
Proteggi il tuo tempo. Nutri la tua vita interiore.
Evita il troppo rumore. Leggi buoni libri, riempi di buone frasi le tue orecchie.
Stai solo ogni volta che puoi. Cammina.

[ ↑ scarica i consigli di Jane Kenyon in versione pdf ↑]

Applica ognuna di queste frasi alla tua quotidianità, indipendentemente da quel che le parole che usi per raccontarti e definirti dicono di te.

Se lo fai, nel giro di poche settimane avvertirai dissolversi l’inquietudine di dover trovare certezze e crescere l’emozione di vivere senza tradire più il tuo daimon. Scommettiamo?

 


 

La tua multipotenzialità non è un vestito con cui dare un look alla tua personalità, è uno strumento che puoi agire giorno dopo giorno.

Se vuoi saperne di più, fai il mio test e scarica la scheda di approfondimento.
che multipotenziale sei?