«Forse solo in paradiso l’umanità vivrà per il presente; finora è sempre vissuta d’avvenire.», scriveva Čechov nei suoi quaderni.

L’avvenire è il tempo dei procrastinatori e dei perfezionisti. Il tempo del dopo e del non ancora:

• «Non sono ancora pronta per condividere il mio lavoro»

• «Lo farò dopo essermi chiarito le idee»

• «Non ho ancora scritto nulla, ma mi piacerebbe pubblicare il mio libro»

• «Dopo che sarà passato lo tsunami di cose che ho da fare in questo periodo, mi occuperò di…»

Potrei riempire l’Internet di esempi, ma sono piuttosto certa che tu non abbia bisogno di altri rinforzi per capire di cosa stiamo parlando. Non è così?

Avvenire e futuro

Per quanto ami il suono della parola avvenire, c’è qualcosa nel suo presentarsi come concetto che mi ha sempre rimandata a una sensazione di promessa delusa: arriverà Godot, arriverà… Ma Godot non arriva mai e si finisce col fare la parte del tapino in balia del mondo (Charlot) che attende che la sua personalità migliore (God → Dio, io superiore, non so come lo chiami tu, ma non è importante in questa sede) si manifesti. Che si manifesti così, come se l’appuntamento fosse dovuto per diritto di nascita.

L’avvenire non necessita della mia (e tua) presenza totale, ma soltanto del mio (e tuo) apporto ideale: è il domani che fantastico senza entrare in azione. Avviene, appunto, e cioè viene a me e io non devo far nulla: un moto a luogo con illusione d’avvicinamento.

Con il futuro è un altro paio di maniche. Il futuro se lo penso e basta si sgretola. Lo devo immaginare, mettermi cioè nei panni del mago (i-mago) – veggente e agente – ed esercitare la mia meraviglia. Meraviglia, in greco, si traduce con la parola thauma, radice della parola taumaturgo: colui che compie atti prodigiosi. Compie, e non: aspetta.

L’avvenire è una leggenda, il futuro è un’agenda.

Narra la leggenda

Narra la leggenda che due tapini in balia del mondo si misero sotto un albero ad aspettare che si manifestasse loro un’occasione migliore: erano un procrastinatore e un perfezionista.

Narra la leggenda che le giornate non siano abbastanza (parola debole #1) lunghe e che il tuo progetto sia troppo figo ma anche molto complicato (#2): c’è bisogno di tempo (#3). Sì, be’, hai quasi finito, ti manca giusto qualcosa (#4), qualcosa che sia originale (#5), che abbia quel quid in più (#6) ma dopo (#7) ci penserai su (#che te lo dico a fare?).

Narra la leggenda che «domani sì e adesso no» (cit. → regalo un’ora di coaching alla prima persona che indovina da chi ho preso la citazione! Faranno fede la mia buona fede e l’orario del commento. La sfida è aperta a tutti tranne che a mia sorella:Michela, non fare la furba!).

«Narra la leggenda», perché qualcuno l’ha voluta scrivere così (probabilmente tu stessa, o stesso, ma non stiamo a  sottilizzare).  Quel che non c’è scritto da nessuna parte è che tu debba crederci e tenertela com’è.

L’agenda del tuo mago

Se il «cominciamento del filosofare è essere pieno di meraviglia», come afferma Platone nel Teeteto, allora il principio della vita è compiere quella meraviglia. E per farlo abbiamo bisogno di quel mago capace di atti prodigiosi di cui si parlava poco sopra.

Scrive Carol Pearson in Risvegliare l’eroe dentro di noi:

«Il Mago che è in noi ha anche il potere di nominare. […] Cominciamo ad affermare il nostro potere di nominare quando […] iniziamo a raccontare la nostra storia con la nostra voce.»

Agenda è il gerundivo di agĕre → fare. L’agenda del tuo mago interiore è quindi fare in modo che il tuo potenziale diventi il tuo successo, vale a dire qualcosa che è avvenuto e che dunque non devi più attendere.

Affinché qualcosa si compia, non può esistere dopo e nemmeno non ancora: può soltanto esserci un adesso che viaggia sempre in compagnia di un verbo al presente, che è il tempo dell’azione e anche il tempo in cui, guarda caso, vengono scritte le sceneggiature.

Per agire la tua meraviglia

Abbiamo visto che agisci la tua meraviglia quando poni in essere le tue idee e i tuoi progetti.

Bene. Ma che accade se sei sotto la malìa delle due temibili P, Procrastinazione e Perfezionismo?  Accade che bisogna trovare la formula magica che ti aiuti a rompere il sortilegio. Ecco due esercizi-incantesimo che possono fare al caso tuo.

Controverso ⇒ per tutta la settimana cambia la mano con cui scrivi. Se di solito usi la mano destra, scrivi con la sinistra e viceversa. Vale per appunti presi a mano e agenda cartacea naturalmente.

Le prime righe saranno tremende. Le ultime andranno meglio. Soprattutto, ti accorgerai di quanto impegno ci hai messo per arrivare, a fine settimana, a scrivere con una semi-fluidità accettabile. Ecco: ogni volta che lasci un compito, abbandoni un progetto, procrastini una consegna o una commissione, stai prendendo tutto l’impegno profuso per arrivare fino a quel punto e lo stai buttando a mare.

Inversione di ansia ⇒ siamo soliti riempire i nostri pensieri con una serie di previsioni catastrofiche. La domanda che più ci poniamo quando siamo in dirittura di arrivo del nostro obiettivo è: «Che succede se sbaglio e non piace?».

Questo genere di domanda ci mette sotto scacco, incapaci di fare qualunque mossa.  Se però la modifichiamo con: «Che succede se faccio bene e piace?», un mondo arcobaleno si apre dinnanzi a nostri occhi. E certo, sì, ci saranno anche gli unicorni, le casette di pandizucchero, le cascate di sciroppo d’acero… Se invece preferisci il salato sarà tutto tartine e finger food, naturalmente.

«Che succede se faccio bene e piace?» ti permette di prefigurarti uno scenario lontano dalla catastrofe e dall’apocalisse e fa nascere in te non più il terrore, bensì il desiderio di raggiungere il tuo obiettivo.


Qual è il tuo rapporto con la procrastinazione? E con il perfezionismo?
raccontami nei commenti qui sotto

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