le parole che usiamo per parlare di noi

Stima di sé: misurare il proprio valore

La stima è un sistema di misurazione che usiamo costantemente, grande o piccolo che sia il nostro obiettivo. Quando decidiamo di organizzare un viaggio, per esempio, lo prepariamo stabilendo un periodo, un itinerario e stimando un budget. Di un progetto lavorativo stimiamo la fattibilità misurandolo in termini di tempo, costi, strumenti posseduti o da procurarsi, possibile risposta dall’esterno.

Lo stesso facciamo con noi: ogni giorno, in qualsivoglia situazione, calcoliamo con più o meno rapidità a seconda dei casi, come ci vediamo in quel momento e soprattutto se e quanto ci piace quel che stiamo vedendo.

In ogni stima, per avere un risultato attendibile contano, oltre una certa attenzione all’operazione, i criteri che vengono utilizzati durante la fase di calcolo: inadeguati loro, inesatta la soluzione a cui si giunge.

E come si fa a capire se i criteri che stiamo usando per autovalutarci sono sufficientemente adeguati da restituire una giusta stima di noi?

 

Autostima: depressa, bassa, alta

Nel volume The Creators. A history of heroes of imagination (Creating Self, capitolo 59. The art of seeming truthful: autobiography, Vintage Book, 1993), lo storico Premio Pulitzer americano Daniel Boorstin, mette a confronto due arcinote biografie: le Confessioni di Rousseau e l’Autobiografia di Franklin. Boorstin pone soprattutto l’accento sul diverso modo dell’uno e dell’altro autore di interloquire con i propri lettori:

« [i miei simili] ascoltino le mie confessioni, piangano sulle mie indegnità, arrossiscano delle mie miserie», Rousseau

«Colui che s’innamora di se stesso non avrà rivali», Franklin

Col primo autore siamo di fronte a una richiesta di benevolenza piuttosto chiara. Rousseau pare dirci: «Tu, che sei uomo (e donna, s’intende) come me, sii compassionevole: sai che non ho potuto fare meglio di così» Il secondo,  sembra quasi che ci guardi dritto negli occhi e dica: «Io mi sento proprio un fico, e sai che c’è? Secondo me, quando avrai finito di leggere la mia storia lo penserai anche tu»

Conoscendo la storia di entrambi, non possiamo definire quella di Rousseau un’autostima depressa (non siamo di fronte a qualcuno che si è messo in un angolo, pensando di non poter riuscire in nulla nella vita), né etichettare Franklin come un egocentrico e arrogante narcisista. Le parole che questi due grandi nomi della storia scelgono per raccontarsi evidenziano in Rousseau una bassa stima di sé, e in Franklin un’alta autostima.

Anche i grandi s’ingarbugliano, ebbene sì.

 

Il vocabolario dell’autostima

Come rispondi quando qualcuno si complimenta con te? Come reagisci quando ti viene riconosciuto un ruolo importante in un risultato? E quando qualcuno dà valore a una tua performance?

Se la tua tendenza è rispondere e reagire per mitigare, svalorizzare, generalizzare, limitare («Ma no, io non mi sento per niente…»; «Figurati, ho fatto soltanto il mio», «In verità era più facile di quanto non sembrasse»…) e sei persuasa – o persuaso – che lo fai per una sorta di pudore, di saggia gentilezza e savio rispetto, sei fuori strada: i tuoi criteri di analisi sono inficiati e l’autovalutazione non potrà essere ‘giusta’, nel senso che non ti renderà affatto giustizia.

Riflettici: quando devi fare un complimento a qualcuno, riconoscerne un ruolo primario in un risultato o valorizzare la sua performance sei così mite nell’espressione del tuo parere?

Il vocabolario di chi ha poca stima di sé è sempre prudente, contenuto e instabile, perché nella stragrande maggioranza dei casi cambia a seconda dei contesti e delle persone. E questo accade perché il bisogno di approvazione sociale prende il sopravvento sull’affermazione personale.

 

Bassa stima di sé e personalità Zelig

Una bassa stima di sé genera sovente personalità neutre. Le personalità neutre hanno tutte un’autostima bassa. Tuttavia, non è detto che chi si sottostima arrivi ad avere una personalità neutra. Siccome però il rischio c’è, ed è anche alto, è bene prevenire.

Se hai visto l’omonimo film di Woody Allen, sai che Zelig è questo personaggio neutro che si identifica con la situazione o l’interlocutore di turno, al punto di adottarne comportamento, stile e gusti (finanche somigliargli fisicamente!).

Tra le persone con bassa autostima, le personalità neutre sono quelle che più di tutte hanno perso il contatto con sé e si sono convinte che il meglio è negli altri. Per questo passano più tempo a osservare, studiare, imitare chi sta loro intorno, anziché rivolgere le medesime attenzioni a se stesse.

 

Inizia dalle parole che usi per raccontarti

Leggendo ti sei accorta – o accorto – che quando parli con le persone, soprattutto se l’argomento sei tu, il tuo vocabolario è prudente, contenuto e instabile? Prova a dare una sistemata ai tuoi criteri con questo esercizio.

Ricerca
Prendi un foglio, piegalo a metà sulla linea verticale, e sulla sinistra inizia a segnarti le parole che usi più spesso per descriverti.

Distilla
Quando ha i finito, domandati: quale sarebbe una versione potenziata di queste parole? Segnala sulla metà destra del tuo foglio.

Ricerca
Gira il tuo foglio e sulla volta scrivi le parole che usi più spesso per descrivere le persone di cui hai stima.

Distilla
In quante e quali occasioni di vita vissuta avresti potuto o potresti usare quelle stesse parole per descrivere te?

Prova, e se vuoi confrontarti mi trovi qui.