I nemici che non ti permettono di usare il potere della domanda

Hai mai perso l’occasione di chiedere qualcosa a qualcuno che avrebbe potuto chiarirti le idee per il timore che la tua domanda fosse troppo stupida, o banale; o perché eri certa, o certo, di avere già tutte le risposte che ti servivano; o per non perdere e far perdere tempo prezioso?

Io sì, spesso! Poi ho incominciato a lavorare con le storie, un lavoro che poggia per il 50% sull’ascolto e per il restante 50% sulle domande, e ho smesso.

Be’, smesso forse è un tantino ottimistico, ma più pratico, più mi accorgo di quanto il saper stare nella domanda, che implica anche il saper stare in ascolto, faccia la differenza tra una storia con un’evoluzione e un epilogo brillanti e una storia dalla trama faticosa e dal finale poco entusiasmante.

Ogni domanda è un invito al viaggio

Immagina una versione di te infinitamente piccola che vive nel vasto universo della tua testa.

Come succede alla tua variante in carne ed ossa nel mondo che abiti ogni giorno, anche la versione infinitamente piccola nella tua testa conosce solo una parte dell’ambiente che la circonda, e il più delle volte le è sufficiente per vivere e rispondere ai bisogni quotidiani.

Almeno fino a quando non arriva qualche sollecitazione per cui ciò che già sa, conosce e riconosce non basta più.

In questi casi, la natura ci offre uno strumento magnifico e portentoso: le domande.

Senza domande non esisterebbero storie. Tutte le storie, infatti, iniziano da un quesito (lo abbiamo visto parlando di editing) e ogni quesito è come una porta su un mondo che non conosciamo, un invito all’esplorazione.

Tuttavia, attraversare quelle porte è meno semplice di quanto possa sembrare: sono ben piantonate da guardiani diffidenti, sospettosi e circospetti.

Quattro, per l’esattezza. Per superarne la guardia bisogna imparare a conoscerli; ed è quello che faremo oggi, insieme.

La paura di passare per tonti

Il primo guardiano alla soglia delle domande è la paura. Non una qualsiasi e generalizzata, bensì il timore di apparire poco intelligenti.

Il guardiano della paura di essere tonti è convinto che chi domanda, non sa; che chi non sa, è carente. E chi è carente è inadeguato, imperfetto, limitato. 

A nessuno piace sentirsi in questo modo. Ragione per cui, quando il guardiano della paura di passare per tonti sente che sei sul punto di chiedere qualcosa, ti blocca: «Nessuna persona preparata farebbe questa domanda! È una domanda da sfigati! Vuoi davvero mostrare a queste persone quanto sei scarso/stupido/incompetente/ignorante?»

Il guardiano della paura di passare per tonti vede solo una parte della natura delle domande, quella associata al concetto di mancanza. 

Questo guardiano ragiona per sottrazione: la domanda, dal suo punto di vista, sottrae autorevolezza, credibilità, potere. 

Sai di essere bloccato dal guardiano della paura di essere tonta, o tonto, quando anziché concentrarti su ciò che andrai ad aggiungere al tuo universo di conoscenza grazie alle domande che immetti nel mondo, poni la tua attenzione sul fatto che:

  1. ti manca qualcosa
  2. le persone intorno a te potrebbero interpretare questa mancanza come una prova della tua inadeguatezza

L’inganno della competenza

Nel momento in cui chiudiamo la porta dell’ascolto, o pratichiamo l’ascolto selettivo, siamo bloccati dal guardiano della competenza.

Il motto di questo guardiano è: «Io so!»

Non è un grande fan di Socrate: a differenza del filosofo greco, infatti, ha una fede incondizionata in ciò che sa e ha imparato. 

Il guardiano della competenza è un tipo un po’ reazionario che agisce il suo blocco più significativo sugli aggiornamenti e sulle riforme: è sicuramente vero che ciò che abbiamo imparato fin qui ha un valore che è giusto riconoscere e celebrare, ma è altrettanto vero che ampliare le nostre conoscenze e competenze aumenta il valore delle cose che sappiamo già e ne amplifica la portata.

Sai di aver incontrato il tuo guardiano della competenza quando ti intestardisci nel rispondere a nuove istanze e sollecitazioni con vecchie soluzioni. 

La trappola della presunzione

Il guardiano della competenza e quello della presunzione fanno sovente squadra. Quando sono insieme mi piace definirli simpaticamente: il team delirium.

Avere a che fare con ciascuno di essi separatamente non è propriamente una gita di piacere, doverli affrontare insieme, è un vero e proprio incubo: uniti sanno tirare fuori il peggio di noi.

Aggiungi infatti alla fede incondizionata per ciò che sai, la presunzione che tutto ciò che sai sia anche incontrovertibilmente giusto, e avrai una vaga idea della montagna che hai messo tra te e la tua possibilità di varcare la porta di una nuova stanza della conoscenza e procedere nel tuo viaggio di crescita personale.

Il guardiano della presunzione non odia le domande, proprio non le contempla. Se se le fa, è più un esercizio di retorica che non una ricerca. È marzulliano: si fa da sé le domande per cui ha già bell’e pronta la risposta.

Le sue frasi ricorrenti sono per lo più legate alla negazione delle alternative: «Io non farei mai così (ma non sa dirti come farebbe)», «Per me è inconcepibile (ma non ti dà mai un’opzione altra)», «La tua idea non funziona (ma non si sogna lontanamente di chiarirti il perché, nonostante tutte le sue certezze, non funzioni nemmeno l’idea che sostiene lui)»

Sai di essere incappata, o incappato, nel guardiano della presunzione quando sei particolarmente riluttante a modificare i tuoi schemi di ragionamento; quando snobbi qualsiasi forma di pensiero che esca dai tuoi parametri di giudizio; quando sei più incline a sminuire e demolire ciò che fanno gli altri per far funzionare le cose, che non a occuparti di ciò che potresti fare tu, diversamente, per far andare meglio le tue. 

La retorica del tempo

George Carlin, stand-up comedian, attore e sceneggiatore statunitense, ha scritto:

«Alcune persone vedono le cose come sono e si domandano: perché? Alcune persone sognano cose che non esistono e si domandano: perché no? Tutte le altre devono andare a lavorare e non hanno tempo per queste stronzate!»

C’è stato un tempo in cui ti facevi un sacco di domande, ed era bellissimo. Guardavi una formica caricarsi sulla schiena una briciola dieci volte più grande di lei, e ti chiedevi come fosse possibile; staccavi la coda a una lucertola, la osservavi muoversi ancora e ti interrogavi sulla strana magia della bestiola.

C’è stata un’era, nel giurassico della tua personale preistoria, in cui chiedere era naturale quanto leccare le lacrime sulla tua guancia per scoprirne il sapore. Poi, però, qualcosa di questo magnifico sodalizio si è rotto.

È successo quando in classe hai alzato la mano per fare una delle tue meravigliose e utili domande, e il prof o la prof di turno ti ha ammonita: «Rossi, non posso passare il mio tempo a fare le carezze alla sua impertinente curiosità: ho un programma da finire entro giugno!»

E la stessa scena si è ripetuta a casa, quando cercavi una risposta ai tanti divieti e imposizioni e ti dicevano: «Quando sarai grande, capirai». Lo capirai tu, da sola, o da solo, con il tempo.

E ancora, quel giorno sul lavoro, quando hai chiesto se non fosse possibile risolvere una questione cercando una nuova soluzione, e ti è stato risposto che non c’era tempo per le domande e le sperimentazioni, meglio seguire il protocollo.

Il guardiano della retorica del tempo associa la domanda al depistaggio: chiedere distoglie l’attenzione dalle cose davvero importanti della vita, mette sulla via della devianza.

Se ti sei bevuta, o bevuto, la storia che ti ha raccontato il tuo guardiano della retorica del tempo, sei tra le persone che pensano sia meglio non scialacquare preziosi minuti della tua vita in domande. Hai creduto vero che il tempo è ben speso quando sei produttivo e che chi è produttivo ha risposte, non domande.

Eppure, vale la pena ricordarlo, c’è stato un tempo in cui avevi tempo per le domande, e guarda caso è stato il momento della tua vita in cui hai imparato di più; sei cresciuta, o cresciuto, di più; hai allargato maggiormente i tuoi orizzonti aprendoti a una più ampia gamma di possibilità di scelta.

Prova settimanale dell’eroe

Questa settimana metti il turbo al tuo domandometro e assegnati 10 punti ogni volta che riesci a superare uno o più guardiani alla soglia delle domande, ad attraversare la porta di una nuova stanza e ad avventurarti nella scoperta di una nuova pagina della storia scritta sul tuo Libro della Realtà Maggiore [se non sai di che diavolo di libro stia parlando, clicca qui].

Ti auguro una settimana piena zeppa di interrogativi!

 


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