Qualche anno fa ho ricevuto in regalo dal mio amico Massimo una lampada costruita da lui.

Massimo è un ingegnere biomedico di formazione, ma nella vita, da più di 15 anni, fa il webmaster per una grande azienda. È un tipo originale, fantasioso e creativo, e i suoi regali sono sempre molto personali, ma quella lampada in particolare è stato il dono più singolare che ho ricevuto da lui da quando lo conosco.

La lampada infatti era stata ricavata da una borraccia trasparente disegnata da Poul Pava (designer per il quale, ai tempi, andavo davvero matta) alla quale erano state aggiunte una lampadina led, tra le prime in commercio, e delle perline sbaluginanti di un magnifico rosa antico.

Una trasformazione davvero molto carina, peccato che non avendole trovato un interruttore degno del concept, Massimo aveva optato per non metterglielo del tutto e dunque, per accenderla e spegnerla, si poteva soltanto attaccare e staccare la spina. Decisamente poco pratico e parecchio scomodo.

La lampada ha girato per varie stanze e angoli di casa in un tentativo disperato di trovarle una collocazione che mi permettesse di usarla senza contorsionismi. Alla fine un posto lo ha trovato: in uno scatolone, in cantina.

Se stai pensando che avrei potuto aggiungere io stessa un interruttore, dopotutto si tratta di elettronica elementare e non ci va una laurea per farlo, stai pensando una cosa assolutamente sensata ma, nuovamente, scomoda. E per altro totalmente stridente con la storia: in quella storia, infatti, io ero il mittente di un regalo, ovvero il personaggio che avrebbe dovuto beneficiare del dono e basta, non sbattersi per beneficiarne.

Per quando riguarda il regalo: ho adorato il pensiero che lo ha generato e nonostante non abbia potuto goderne al 100% rimane uno dei doni più estrosi, geniali e fantasiosi che abbia mai ricevuto, ma resta tuttavia una lampada inefficiente nell’adempiere la sua funzione.

Cosa mi porti in dono?

Le ragioni per cui un nostro servizio, o prodotto, non vende, o non vende come ci saremmo aspettatə vendesse, possono essere diverse, ma la maggior parte delle volte convogliano in due direzioni precise:

• non è  ben concepito

• non è ben raccontato

Al nostro servizio/prodotto manca insomma l’interruttore che permetta alla nostra audience di accendersi e illuminarsi:

• è figo [leggi anche: originale, innovativo, economico…] → ma non si capisce bene quanto e come possa essere utile

• è figo → ma è troppo complicato da acquistare, usare, imparare, indossare, capire

• è figo → e poi?

Molti, di solito i non Mac user, pensano che i Mac user acquistino i prodotti Apple perché sono belli esteticamente o perché sono costosi e quindi fanno figo: la verità è che appena accendi un Mac ti senti un dio perché oltre ad avere un’architettura che genera una curva di apprendimento bassissima, ha di default una serie di software originali con cui puoi fare delle cose pazzesche anche se non sei unə graficə, unə videomaker, unə musicista.

Insomma, un Mac sarà pure bello esteticamente e farà pure figo perché è un prodotto per molti ma non per tutti (idea condivisa che in ogni caso non mi trova affatto d’accordo, ma questa diventerebbe una parentesi troppo ampia se mi perdessi a raccontarti il perché. Un’altra volta), ma più di tutto un Mac è figo perché lo imparo in un amen, ci faccio cose stratosferiche, ho da subito la percezione di non poter che migliorare e magari di poterlo usare per farci qualcosa che abbia valore non soltanto per me, ma anche per altre persone.

Cosa pensi acquistino le persone per le quali crei i tuoi prodotti/servizi?

Se hai una tua linea di abbigliamento, sai fin troppo bene che i clienti non acquistano i tuoi capi per coprirsi il sedere e non andare in giro nudi. Se apri un food track, sai che non vengono da te perché altrimenti morirebbero di fame. Se vendi un corso di produttività, sai perfettamente che hanno campato finora senza il tuo super sistema, e senza rimanerci secchi.

Le tue persone acquistano ciò che offre loro un valore aggiunto.

Alla parola valore, ti confesso, mi partono immediatamente le scimmie urlatrici nel cervello.

via GIPHY

Perché valore è una di quelle parole debolissime che voglion dire tutto e niente, spesso legata a emozioni e sentimenti tipici e topici del momento, del contesto, della tribù o del clan di riferimento, della singola persona; ne consegue che ogni valore sia per sua stessa natura variabile, fluido, fuggevole.

Ma anche ciò che è per natura mutevole segue una logica, anche se non sempre una logica immediatamente rintracciabile o evidente (vedi alla voce virus).

La piramide degli elementi di valore (Elements of Value Pyramid)

Proprio come il/la protagonista di una storia, anche noi ci muoviamo verso qualcosa quando quel qualcosa offre soluzione e soddisfazione a un nostro bisogno, e quando dà valore, e quindi riconosce, approva, appoggia, appaga e conforta, un nostro desiderio.

Ma cos’è che ci fa percepire il valore di una proposta, di un prodotto, o di un servizio?

Secondo i cervelloni dietro la Bain Company, un prodotto o un servizio diventano preziosi per noi quando soddisfano tutte, alcune, o almeno una (ma in questo caso deve farlo davvero benissimo) di queste quattro aree:

• funzionale

• emozionale

• esistenziale (ci cambia la vita)

• trascendentale (trascende l’io e l’ego e produce impatto sociale)

Più saranno le aree soddisfatte dalla proposta che ci è stata fatta, maggiore sarà il valore che le attribuiremo.

Per arrivare a queste quattro aree, Eric Almquist, John Senior e Nicolas Bloch, sono partiti dalla gerarchia dei bisogni di Maslow e hanno individuato trenta macro elementi che costituiscono una sorta di piramide di valori (Elements of Value Pyramid) che noi tutti utilizziamo, in modo del tutto spontaneo, nel momento in cui scegliamo di acquistare un bene o un servizio.

Elementi che trovi (quasi tutti) in questa mia traduzione e rielaborazione degli elementi di valore.

la piramide degli elementi di valore e le quattro categorie dei bisogni

[scaricala qui in versione pdf]

Un close up sulle quattro aree

Funzionale

È l’area che risponde alla domanda: quali bisogni e/o desideri funzionali soddisfa questo prodotto/servizio?

I vantaggi funzionali sono pratici e possono essere quantificati: ci fanno risparmiare tempo, denaro, fatica (anche soltanto nel momento dell’acquisto!); ci mettono in contatto con x persone; ci forniscono materiale, conoscenza, certificazione.

Emozionale

L’area emozionale risponde alla domanda: quali bisogni e/o desideri emozionali soddisfa questo prodotto/servizio?

Questa particolare area non può essere quantificata proprio perché riguarda principalmente le emozioni che sperimentiamo a livello soggettivo, tuttavia, se riduce l’ansia, se promuove il nostro benessere, se ci intrattiene, se si prende cura dei nostri sentimenti, probabilmente quel prodotto/servizio ci risulterà prezioso e avrà per noi un grande, benché soggettivo, valore.

Esistenziale

L’area esistenziale riguarda tutti quei prodotti e/o servizi in grado di promuovere, generare, amplificare la speranza, la motivazione, il senso di appartenenza e la capacità di autorealizzazione.

Ma non pensare che sia un’area che agevoli alcune professioni (tipicamente si è propensi a pensare alle professioni d’aiuto) e ne escluda a priori altre.

Per farti capire quanto l’area esistenziale si apra a prodotti e servizi insospettabili, prova a pensare a Spotify: come spazio di intrattenimento sembrerebbe soddisfare più che altro l’area emozionale, ma come broadcast permette a chiunque di pubblicare il proprio podcast promuovendo così l’autorealizzazione sia degli autori che ospita, sia degli utenti che accoglie e che beneficiano dei contenuti di quei podcast.

Trascendentale

L’area emozionale risponde alla domanda: cosa fa quest’azienda, professionista, servizio o prodotto per rendere il mondo un posto migliore?

Quanto più volentieri acquisti da professionisti e aziende che non solo dimostrano riguardo ma anche impegno nei confronti della collettività?

Aziende o professionisti che si impegnano a trasmettere una visione del mondo più inclusiva; che hanno programmi pro bono o rivolti alle fasce più vulnerabili della società; che si preoccupano di lasciare la minor impronta ambientale possibile; che finanziano progetti socio culturali; che devolvono parte dei loro introiti alla ricerca medica o ad associazioni umanitarie.

Quanto più volentieri acquisti prodotti o servizi che avranno un impatto positivo non soltanto su di te?

Come usare la piramide degli elementi di valore

Partiamo dalle basi e facciamo uno spoglio del tuo prodotto/servizio.

[Scarica il pdf della piramide degli elementi di valore]

Quali aree soddisfa maggiormente il tuo prodotto/servizio?

Abbiamo visto che più sono le aree soddisfatte dalla proposta che rivolgiamo ai nostri clienti, maggiore sarà il valore che le attribuiranno.

Questo però non significa che per soddisfare tutte e quattro le aree tu debba snaturare il tuo prodotto/servizio, né forzare la mano sul comunicarne caratteristiche che sono pochissimo presenti o rintracciabili. Concentrati sugli elementi davvero rilevanti e, soprattutto, fai in modo che il tuo prodotto/servizio poggi su una solida base di elementi funzionali.

Quali elementi di valore in grado di accendere l’interruttore dell’interesse e della motivazione dei tuoi clienti rintracci nel tuo prodotto/servizio?

Questi elementi sono il punto forte della tua proposta e devi fare in modo che arrivino forte e chiaro alla tua audience.

Se rileggi la sales page, pensi di averli comunicati al meglio o puoi migliorare qualcosa?

Alcune volte la sales page è scritta molto bene ma gli input che abbiamo disseminato qua e là per portare le persone sulla nostra pagina di vendita non lo sono altrettanto.

Se ripercorri le tappe della tua campagna di lancio, ti sembra di aver dato risalto agli elementi di valore più forti del tuo prodotto/servizio?

Ultimo, ma non ultimo: se ti metti nei panni dei tuoi clienti, il processo di acquisto soddisfa almeno due degli elementi presenti nell’area funzionale? Quali? Quali invece dovresti proprio migliorare?

L’uovo di Pasqua

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