Mi sono chiesta: come mai in giro ci sono così tanti consigli sulla produttività? E soprattutto, come mai questi consigli sono così popolari? Potrei aver trovato la risposta.

Ciascuno di noi, nel corso della propria vita, trascorre in media 90.000 ore a lavorare.

Per darti una prospettiva più chiara della cifra: mettendo in fila queste 90.000 ore in modo consecutivo, ci troviamo di fronte a dieci anni passati a lavorare ininterrottamente; settimana più, settimana meno. E aspetta, in questo calcolo non sono conteggiati gli anni passati sui banchi di scuola dalle elementari alla laurea.

[Se anche tu trovi ispirazione, e qualche volta persino risposte, da calcoli come questi, potrebbero piacerti questo libro e questo video]

Vista così, la proliferazione di consigli sulla produttività trova una spiegazione fin troppo chiara ed evidente: dedichiamo così tanto tempo al lavoro che sentiamo il bisogno di soluzioni per sfruttarlo al meglio.

Ma come fa un giustificato e sano desiderio di miglioramento a trasformarsi in una dannosa dipendenza da contenuti?

Produttività o porno produttività?

Facciamo un giochino: se dico Tim Ferris, sai dirmi almeno un titolo di un suo libro? E se ti dico Friederike Fabritius?

Se sei come la me di un paio di anni fa, probabilmente saprai rispondere alla prima domanda, ma non alla seconda. Ma hai un alibi per questo: mentre Tim Ferris è stato pubblicato in non so quante lingue, compreso l’italiano, la dottoressa Friederike Fabritius no; mentre Tim Ferris, imprenditore, è citato da cazzigliardi, come direbbe uno dei suoi più noti estimatori, di creatori di contenuti, influencer e divulgatori, la dottoressa Friederike Fabritius, neuroscienziata, è semisconosciuta ai più, ma per fortuna non abbastanza da essere irrintracciabile.

Vengo al punto: non tutti i consigli di produttività in circolazione sono buoni consigli.

Alcuni di questi si reggono su studi e ricerche scientifiche; altri, la maggior parte e, manco a dirlo, i più rinomati e popolari, sono stati creati in modo auto-sperimentale da imprenditori che, per lavoro, vendono il sogno di una vita straordinaria e senza sforzo.

Per quanto mi riguarda, però, non ho mai conosciuto nessunə diventatə riccə, palestratə e famosə in sole quattro ore al giorno. Ho assistito, questo sì, a grandi risultati ottenuti impegnandosi seriamente per quattro ore al giorno in qualcosa. In un qualcosa però, non in settordici qualcosa.

Non ti dico nulla di nuovo, ne sono certa: il settore della crescita personale, con tutti i suoi sotto tipi, è una categoria merceologica come tutte le altre. E proprio come in tutte le altre, i prodotti non sono sempre della stessa foggia e qualità.

Il problema della porno produttività

Il grosso problema, qui, non è che coesistano Tim Ferris e la dottoressa Friederike Fabritius: sinceramente non mi piacerebbe un mondo che censuri taluni a favore di altri. Il vero problema è, semmai, imparare a distinguere cosa stimolino in noi i contenuti dei tanti Tim Ferris, rispetto a quelli delle tante, ma poco pop, Friederike Fabritius: non per fare una classifica di merito, ma per saper scegliere la risorsa più giusta per noi.

A lungo andare, infatti, la gran parte dei consigli di produttività che troviamo facilmente in rete e in libreria, ci inducono a praticare quella che viene definita una porno produttività: una produttività viziata dalla brama di trovare sempre nuovi modi per essere più produttivi.

Riesci a immaginare qualcosa di meno utile per la tua produttività che cercare senza soluzione di continuità nuovi sistemi per essere più produttivə?

La porno produttività come sostituto illusorio

La porno produttività è una forma di procrastinazione travestita da occupazione.

Facci caso: cosa fai quando non hai sufficiente motivazione per metterti a lavorare su un progetto? Progetti, per caso? Magari pianifichi i prossimi passi?

Pianificare, progettare, ma anche comprare l’ennesimo planner super perfetto, cercare le migliori app per il project management o il time tracking, guardare ore e ore di video che ci insegnano il milionesimo trucco definitivo per la produttività che cambierà per sempre la nostra intera vita (prendi fiato!), e qualche volta, ebbene sì, persino leggere, non solo non ci rende più produttivi, ma ci deruba del tempo, delle energie e delle azioni che ci servono per portare a termine i nostri obiettivi.

Perché tutte queste occupazioni appaiono come attività qualsiasi, ma sono a tutti gli effetti sostituti illusori: in fondo, dal momento che ti stai occupando della tua produttività, chi – inclusə te – potrebbe mai accusarti di star solo perdendo del tempo?

Porno produttività e il ciclo della fantasia

La costruzione narrativa della porno produttività è molto simile a quello che Christopher Booker ha definito il ciclo della fantasia rintracciabile in tutte le storie.

Il ciclo della fantasia ha quattro fasi rintracciabili:

  • fase del sogno
  • fase della frustrazione
  • fase dell’incubo
  • fase dell’esplosione della realtà

Quando ci impelaghiamo in un comportamento dettato da un pensiero illusorio del tipo: «Questo planner/video/libro… farà sì che io porti a termine il mio compito», il beneficio che ne traiamo è immediato. In questa fase del ciclo, detta del sogno, il solo pensiero di esserci “attivati” ci fa sentire appagati, e nessuna delle informazioni che riceviamo dalla realtà entra in dissonanza con la nostra illusione: non abbiamo infatti alcun indizio o prova che il planner, il video e il libro non funzioneranno.

Tuttavia, con il passare del tempo, le informazioni che ci arrivano dalla realtà sono sempre meno eliminabili: dopo aver acquistato il planner, letto il libro, visto il video, il compito che ci siamo prefissati di portare a termine non lo abbiamo nemmeno cominciato. Le prove e gli indizi, ora, insinuano dubbi difficilmente ignorabili che contraddicono il pensiero illusorio: ecco che comincia la fase della frustrazione.

A questo punto la discrepanza tra la narrazione illusoria e il reale si fa così insopportabile che entriamo nella fase dell’incubo in cui il terrore dello spettro del fallimento si traduce in sessioni di lavoro ininterrotto, sfiducia nella propria capacità decisionale, sindrome dell’impostore, stress… Da qui, con rassegnata accettazione della realtà, procederemo al progressivo abbandono del sogno illusorio, fino alla fase dell’esplosione della realtà.

Porno produttività VS produttività consapevole

Puoi saccheggiare tutte le librerie del mondo, digitali e non, e setacciare il web alla ricerca dell’unico infallibile trucco che ti renderà più produttivə e creativə di chiunque altro, oppure puoi investire il tuo tempo e le tue energie nella costruzione di un sistema di produttività che funzioni per te.

E il sistema che funziona per te è soprattutto quel sistema sufficientemente flessibile da adattarsi il più possibile a qualunque cambiamento di programma o di stato. Alzarsi alle 5 del mattino, uscire per una corsetta, rientrare e rigenerarsi prima con una doccia, poi con una meditazione di 10 minuti, infine con una colazione lenta accompagnata dal silenzio o da una piacevole lettura, potrebbe non funzionare per ogni stagione della tua vita. Per esempio se hai tre figli da preparare e da portare in tre scuole diverse e in tre punti opposti della città entro le 8 del mattino. E men che meno se tutti e tre questi figli sono in D.A.D.

La vera e unica ricetta originale della produttività, è come la vera e unica ricetta originale della bagna caôda: non esiste. La sola ricetta davvero valida per te, sarà quella che scaturirà dal tempo che ti prenderai per pensare e per lavorare ai tuoi obiettivi e alle sfide che ti pongono.

È questo il passaggio fondamentale dalla porno produttività, alla produttività consapevole, e cioè a un modo sostenibile di lavorare e pensare: si tratta di essere presenti in ciò che si sta facendo mentre lo si fa, e di prendersi la cura e insieme la gestione dei propri stati mentali ed emotivi.

Dalla porno produttività alla produttività consapevole in sette beat

Il concetto di beat è un concetto che ho preso in prestito dal mondo della sceneggiatura e che mi pare si sposi davvero bene con i termini della produttività consapevole.

Il beat è la più piccola delle unità narrative di una sceneggiatura e corrisponde a minimi cambiamenti di azione/reazione che portano a una svolta nella storia: beat dopo beat, la storia procede inesorabile verso il finale desiderato dalla sua autrice/dal suo autore.

Primo beat: ritorna al futuro

Trascorriamo la maggior parte del nostro tempo a rimuginare su ciò che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto e su come avremmo dovuto farlo anziché farlo come lo abbiamo fatto.

Il passato è una grande fonte di informazioni, questo è certo, ma affinché queste informazioni ci tornino utili nel presente, dobbiamo fare qualcosa in più che ruminarle.

Quando hai bisogno di liberarti dalla trappola delle storie del passato, prendi carta e penna (anche digitali andranno benissimo) e rispondi nel modo più sincero possibile a queste domande:

  1. Qual è il ricordo a cui ti stai aggrappando?
    Sii specificə e annota i particolari: cos’è successo esattamente, quando e dove si è verificato l’evento, chi altro è rimasto coinvolto.
  2. Come hai reagito in quel momento?
    Prendi nota delle emozioni, dei pensieri e delle azioni (comprese le cose che hai detto) con cui hai risposto all’evento.
  3. Come ti senti, oggi, quando la tua memoria richiama a sé questo ricordo?
    Le emozioni che hai provato in quel momento sono ancora vive e vivide, o parzialmente vive e vivide in te? Pensi spesso a questo evento?
  4. Come ti piacerebbe sentirti, oggi, rispetto a quell’evento?
  5. Cosa puoi fare per colmare il divario tra come ti senti e come ti vorresti sentire?
    Come puoi passare da come ti senti oggi a come vuoi sentirti?  Potresti parlare con le persone coinvolte? Tornare nel posto in cui è successo? Scrivere un racconto, magari una fiaba sull’accaduto? Condividere la storia con unə amicə? Chiedere un aiuto esperto?

Secondo beat: respira

Le persone porno produttive vivono spesso in affanno e in apnea, e come sai, il nostro respiro riflette e influenza tutto ciò che sta accadendo in un dato momento nella nostra mente e nel nostro corpo.

Se per esempio siamo stressati o rilassati, cambia il modo in cui respiriamo; e il modo in cui respiriamo determina quanto ci sentiamo stressati o rilassati. Non solo, il nostro respiro crea le condizioni ideali per digerire bene, per far funzionare al meglio il sistema linfatico, rallenta il battito cardiaco, rilassa i muscoli, calma i nervi, fa girare al meglio il nostro cervello.

Quello respiratorio, poi, è l’unico sistema nel corpo che funziona sia coscientemente che inconsciamente. Questo significa che con una migliore consapevolezza del nostro respiro possiamo notare più facilmente i primi segnali di stress (respirazione superficiale o accelerata), e indurre la risposta di rilassamento per evitare che peggiori.

Quando ti senti particolarmente sollecitatə e sopraffattə soffermati sul tuo respiro e cerca di notare:

  • quando è stata l’ultima volta che ti sei fermatə ad ascoltare come stessi respirando?
  • come stai respirando adesso? Respiri attraverso il naso o dalla bocca? Riesci a sentire la pancia che si alza e si abbassa e il petto sollevarsi ed espandersi? O forse, stai trattenendo il respiro?
  • prova a stabilire una connessione tra il tuo respiro e come ti senti? Cosa osservi?
  • se provi a fare respiri più lunghi e profondi, cambia qualcosa? Cosa?

Terzo beat: cambia le scarpe

La porno produttività ci spinge spesso verso la modalità multitasking, e in modalità multitasking c’è sempre il rischio, che è quasi una certezza, di affrontare i compiti in modo inadeguato, quando non totalmente inopportuno.

Sono più che certa che tu abbia già sentito parlare, e molto, della tecnica dei sei cappelli per pensare, ma che mi dici delle sei scarpe per agire?

L’ideatore è sempre lo stesso, Edward De Bono, ma i sei cappelli del pensiero cedono qui il passo alle sei scarpe dell’azione:

  • le scarpe blu, formali, da usare per procedure consolidate e di routine;
  • le scarpe grigie, da ginnastica, per andare in giro a esplorare, ricercare dati, e raccogliere materiali, indizi e prove;
  • le  desert boot marroni, robuste e casual da usare là dove servono praticità e pragmatismo;
  • le galosce arancioni, come quelle dei pompieri, da utilizzare per le azioni di emergenza;
  • le pantofole rosa, in cui è richiesta un’azione empatica e compassionevole di cura e attenzione
  • gli stivali porpora da cavallo, tipici della Roma imperiale, da indossare quando è richiesta un’azione di governo, decisa e autorevole.

Siccome sappiamo tutti molto bene cosa accade nelle nostre storie quando proviamo a infilarci in scarpe fuori misura, prova a usare questo metodo come un test: ho le scarpe giuste per la missione in cui mi sto imbarcando?

Se senti di non averle, fai un piccolo esercizio di visualizzazione e immaginati sfilare le scarpe inadatte, riporle in un posto dove sai di poterle ritrovare all’occorrenza, prendere il paio che ti serve e indossarlo.

Sembra un giochino da niente, lo so, ma tu provalo. Sono piuttosto sicura che ti stupirà.

Quarto beat: prenditi cura dell’artista

In Walking In This World: The Practical Art of Creativity, Julia Cameron scrive che quando unə artista è affaticatə, spesso è dovuto più a un eccessivo afflusso che a un eccessivo deflusso.

L’infobesità è una presenza fissa nella porno produttività: troppe informazioni, troppi dati, troppi input.

Una buona dieta dell’informazione ci dà il tempo e lo spazio per processare i dati che incameriamo, e una buona strategia per mantenere un sano equilibrio tra input e output è trasformarci da consumatori a creatori e dare un senso più completo alla parola informazione.

Come? Per esempio: puoi leggere un libro, e basta; oppure puoi leggere un libro e crearne un estratto da condividere con chi ha i tuoi stessi interessi. Puoi leggere questo essay, e stop; oppure leggerlo e usarlo come spunto per il tuo prossimo post sui social, il tuo video su You Tube o la tua newsletter (se lo farai, fammelo sapere in modo che io possa citarti qui e condividerti attraverso i miei canali).

Quinto beat: passa dal non al non ancora

Nessuno nasce con la scienza infusa e le biblioteche del sapere non di mettono su in un giorno.

Quando passiamo dal non al non ancora (tipo: non so parlare giapponese, non so ancora parlare giapponse) iniziamo a coltivare la fiducia nella nostra capacità di migliorare, nella nostra intelligenza, e nella possibilità di imparare nuove abilità attraverso l’impegno e la costanza.

E dal momento in cui  il nostro vocabolario si arricchisce di non ancora, passiamo da una mentalità fissa a una di crescita, aumentiamo la nostra resilienza, e ci assicuriamo migliori risultati a lungo termine.

Fai una lista dei tuoi non e poi trasformala in non ancora e fai in modo di averla sempre sott’occhio e di rileggerla spesso: ti aiuterà a mantenerti motivatə lungo la strada dell’apprendimento.

Sesto beat: impara a imparare

Molte dei metodi di studio e apprendimento che ci vengono passati a scuola, o in famiglia, sono un po’ sorpassati e spesso pensati esclusivamente per neuro tipici.

[A proposito di neuro divergenze, non ha il valore di una diagnosi ovviamente, ma se hai da sempre il dubbio di non essere neuro tipicə, puoi iniziare a fugarlo con questi test]

E quelli che impariamo in modo empirico sono spesso frutto di stati d’emergenza e disperazione.

Oggi quasi non si contano le applicazioni e gli strumenti per lo studio, l’apprendimento e la creatività.

In un sistema di porno produttività si finisce per provarne tantissimi, finché non si trovi il più adatto a noi o finché non se ne scelga qualcuno per sfinimento. In una dimensione di produttività consapevole, invece, si comincia a scremare prima ancora di iniziare la ricerca.

Se non sai da dove partire per scremare, inizia da qui:

  • quali sono le maggiori difficoltà nel ritenere quel che studi e impari?
  • quali invece i problemi di rintracciamento delle fonti quando ne hai bisogno?
  • cosa ti viene facile quando impari o studi qualcosa?
  • in cosa invece inciampi più spesso?

Settimo beat: prenditi cura dei tuoi spazi

Hai mai fatto caso a quanto e a come influiscano l’ambiente e il contesto in cui lavori, crei, studi, ti rilassi, sulle tue intenzioni e azioni?

L’ambiente che ci accoglie e ospita le nostre attività non è un mero sfondo per la nostra storia: lo definirei piuttosto un attore comprimario.

Fai una prova: la prossima volta che entri nel tuo studio, nel tuo atelier, in cucina o in salotto, prova a metterti in ascolto di come ti senti.

Inizia a raccontarti l’ambiente: come lo descrivi? È caotico, ingombro, rumoroso? O fin troppo ordinato e freddo? Nessuno degli aggettivi che userai è negativo o positivo di per sé: alcune persone si sentono più creative e a proprio agio in ambienti disordinati e rumorosi; altre in contesti silenziosi e minimali. Senti semplicemente come vibrano quelle parole in te: sono armoniose o stridenti?

Si tratta di essere consapevoli di ciò che funziona per te e di armonizzare il tuo ambiente con le scoperte che farai.

Conclusioni

Questi sette beat non sono la magia che risolverà come per incanto tutti i tuoi problemi di produttività. Né basteranno da soli a mettere a tacere vecchie e sedimentate narrative di cosa voglia dire o non dire essere produttivi.

Ciò che però mi auguro facciano è stimolare un minimo cambiamento nel tuo sistema d’azione/reazione: perché le grandi storie che funzionano procedono una micro svolta alla volta, beat per beat, appunto.

Quindi sì, puoi continuare a saccheggiare tutte le librerie del mondo, digitali e non, e setacciare il web alla ricerca dell’unico infallibile trucco che ti renderà più produttivə e creativə di chiunque altro, oppure puoi investire il tuo tempo e le tue energie nella costruzione di un sistema di produttività che funzioni per te.

 

 

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