perché lèggere aiuta a realizzarsi

Fino ai diciotto anni, fino alla conquista della patente, ho passato la maggior parte del tempo libero dai doveri scolastici e famigliari (e all’onor del vero rubacchiando a questi una buona fetta) a leggere.

Ognuno di noi ha una storia da raccontare di come sia diventato un lettore.

Per quanto riguarda me, posso dirti che che ho cominciato a leggere e scrivere prima dell’inizio delle elementari. A insegnarmi questi due prodigi dell’animale uomo è stata mia sorella. Di undici anni più grande, Michela è stata deputata alla mia cura da subito.

Non ne abbiamo mai parlato a chiare lettere, ma sono convinta che ad un certo punto, per placare il mio spirito selvaggio ed esasperatamente vivace di bambina, abbia pensato che spingermi verso quelle due attività impegnative al punto giusto fosse la soluzione perfetta per tenermi ferma qualche mezzora al giorno.

Lector in fabula

La passione per la lettura, così come quella per la scrittura, non è esplosa come un colpo di fulmine: è maturata con me, non senza qualche aiutino dal fato (o da un’altra dimensione di me).

Penso, per esempio, che grazie alle mie ribellioni adolescenziali mi sono trovata a dovermi trasferire da un Liceo a un altro, e che è proprio nel secondo Liceo che ho fatto l’incontro con la Professoressa Ciravegna: la miglior insegnante di lettere che un’adolescente turbolenta come me – o come mi ha definito lei solo pochi giorni fa, sofferente – possa sperare d’incontrare.

E penso anche che a fare di me un’amante delle parole abbia contribuito Cupido quando ha fatto scoccare la sua freccia nei cuori di mia madre e del suo secondo marito, Fiorenzo, trent’anni fa suppergiù.

Fiorenzo, che di mestiere ha fatto il giornalista, con le parole ci lavorava, ma secondo me se ne nutriva pure un po’. Non ricordo di averlo mai visto con un libro in mano, però ne aveva sempre uno o due sul comodino della camera da letto.

In compenso ho ben a fuoco l’immagine di lui con una pila di quotidiani sul tavolo della cucina, e tra le braccia aperte un giornale disteso. Lo rivedo lì, seduto a sorseggiare il caffè lentamente e a leggere di fatti del mondo finché non esauriva il malloppo. Poi, forse perché tenersi dentro tutte quelle parole era troppo persino per un omone grande e grosso come lui, le condivideva con chi avesse voglia di starlo ad ascoltare. E io ero sempre una di quei ‘chi’.

Fiorenzo aveva anche una biblioteca ben nutrita di volumi di ogni genere: dalla Alcott a Tolkien; da Henry James a Henry Miller. Tutti autori che mi passavano per le mani senza soluzione di continuità in una sorta di febbricitante eccitazione da caccia al tesoro.

Quando Fiorenzo e mia madre hanno deciso di unire le loro vite, la stanza dei libri è diventata la mia personale versione del Paese delle Meraviglie. E quel Paese mi ha salvata mille e una volta. Soprattutto da me stessa.

Leggere è un atto rivoluzionario

I libri sono un mondo in cui cadere dentro per fare esperienza di sé. O meglio, dei molti sé: quelli che ci abitano, quelli che non abbiamo riconosciuto e anche quelli che non abbiamo ancora incontrato.

Alcune volte sono anche il campo di battaglia in cui confrontarsi con le paure più intime e l’amico fidato a cui confidare i desideri.

Nei libri troviamo sempre ciò che serve a curare la ferita dell’anima.

Gli antichi parlavano del potere catartico delle storie. Gli psicologi di abreazione, ovvero quel processo, spontaneo o indotto, che attraverso la reviviscenza ci permette di scaricare le emozioni.

Una forma di abreazione diffusa è per esempio piangere a cascata o ridere fino a farsi venire i crampi alla pancia alla visione di un film, o di alcune particolari scene. Non so come sia per te, ma che io sia al cinema o sul divano di casa, ho imparato a tenere a portata di mano i fazzoletti.

Lèggere è un atto rivoluzionario – anche fuori dalla distopia di Fahrenheit 451, anche in una società libera, o sufficientemente tale – perché ci fa cambiare prospettiva:  ci permette cioè di prendere in considerazione altri punti di vista e di cambiare la rotta del nostro viaggio personale.

Il magico potere del riordino della lettura

Non me ne voglia Marie Kondo, ma è nei libri e non nel sistemare l’armadio o lo stipite del bagno che ho trovato pace, ristoro, conforto, rifugio e risposte ai tumulti della mia anima incasinata.

Qualunque sia, di volta in volta, il processo innescato dalla lettura, le pagine di una storia ci aiutano a riordinare idee ed emozioni. Talvolta a recuperarle dentro di noi e a manifestarle.

I libri ci offrono da secoli uno spazio protetto in cui fare esperienza; ci anticipano soluzioni e possibilità; ci allenano alle sfide della vita; ci interrogano o, meglio ancora, interrogano le nostre certezze e ci fanno fare un passo “oltre”.

Non per nulla la parola trama, prima ancora di indicare l’ordito di cui è intessuta una storia, indica il trameare (o transmeare) latino da cui deriva: il passare di là.

Passare di là nel senso di varcare una soglia, trasferirsi da un mondo fatto di cose conosciute per addentrarsi in uno carico di novità; e nel senso di spostarsi dal proprio punto di osservazione per assumerne un altro, diverso e magari persino antitetico.

Il libro della vita

Il racconto La biblioteca di Babele di Borges inizia così:

«L’Universo (che altri chiamano la biblioteca) si compone di un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, circondati da ringhiere bellissime»

E qualche riga più sotto, la voce narrante prosegue:

«Come tutti gli uomini della Biblioteca, ho viaggiato durante la gioventù; ho peregrinato in cerca di un libro, forse il catalogo dei cataloghi»

Ho sempre trovato molto suggestiva l’immagine dell’Universo come una gigantesca biblioteca in cui ogni uomo o donna si mette in cammino alla ricerca del suo proprio libro, il libro dei libri, il catalogo dei cataloghi.

Trovo potentissima l’idea che i libri possano essere come delle gallerie fuori dalle leggi dello spazio-tempo, che ci aiutano, di storia in storia, a ritrovare il racconto di noi.

E se fosse proprio il prossimo libro che leggerai oggi a portarti un passo più vicino alla miglior versione della tua storia; di te?

A me è successo in più di un peregrinaggio  letterario, e continua ad accadermi.

Forse è per questo che ho sentito il bisogno di creare Il filo di Arianna, il percorso di book coaching che ti accompagna a cercare, nella grande Biblioteca delle infinite possibilità, il libro della tua storia. Il tuo catalogo dei cataloghi.

percorso di book coaching

SEGUI IL FILO DI ARIANNA

Inutile che ti dica quanto ami questo percorso, vero?

Prova settimanale dell’eroe

Questa settimana ti invito a pensare a un libro che ti ha cambiato la vita:

• quale?
• cosa è cambiato dopo averlo letto?

Se ti va di condividere, puoi farmelo sapere qui sotto nei commenti. E mentre aspetto di conoscere il titolo di uno dei libri che ti ha cambiato la vita, ti svelo uno dei miei: Il minotauro, di Benjamin Tammuz.

Leggerlo mi ha mostrato come anch’io, al pari di Thea, la protagonista femminile della storia, mi fossi persa nel labirinto del controllo e della manipolazione costruito intorno a me della persona con cui avevo una relazione.

L’aspetto più bizzarro è che il libro mi fu regalato proprio da quella stessa persona. E su questo aneddoto mi verrebbe da aprire una parentesi sui libri che riceviamo in dono. Solo che la parentesi diventerebbe un po’ troppo lunga e magari ha più senso che di questo si parli un’altra volta.

Cosa è cambiato nella mia vita dopo aver letto Il minotauro? Vedermi attraverso la lente della storia di Thea mi ha aiutata a ritrovarmi nella mia, a scoprire che non mi piaceva per nulla, e a uscirne.