Come rompere lo schermo delle convinzioni limitanti e attraversare la quarta parete

Da qualche tempo il mio amico Massimo si è reso disponibile, sotto forma di volontariato, ad affiancare gli educatori di un progetto di attività sussidiarie e ricreative di bimbi dai sei ai dieci anni.

Qualche giorno fa, parlandomi dell’esperienza, mi raccontava alcuni aneddoti. Uno in particolare ha catalizzato la mia attenzione: la reazione dei bimbi di fronte ai compiti.

«Sai quante volte questi ragazzini cancellano compiti ben fatti ma non eseguiti secondo la stretta osservanza dell’esempio dato sul libro?», mi ha detto incredulo.

La convinzione alla base di questo comportamento è: se non ho svolto l’esercizio come da manuale, ho sicuramente sbagliato. Un comportamento non inedito nemmeno tra gli adulti.

Va bene così?

Quando assegno un esercizio di coaching, la domanda che mi viene posta più spesso è:

«Va bene se lo faccio così?», dove così sta per «in questo modo che trovo più congeniale e affine».

Chiedere la benedizione, il battesimo, il consenso per pensare a modo nostro, per agire in sintonia con le nostre sensazioni e intuizioni, per essere come siamo, è una tendenza che trascende genere, età e status.

È vero, la richiesta arriva più spesso dalle donne che non dagli uomini; ma bada: non ha nulla a che fare con la stronzata della «povera fanciulla fragile e persa» inventata dalla lobby degli uomini scarsamente dotati (intellettualmente, è chiaro!); o con l’altra menata dei ‘bamboccioni’ che hanno sempre bisogno di qualcuno che veda e provveda.

E non è nemmeno questione di insicurezza o di bassa autostima. Dal mio punto di vista, che è, al solito, quello di un’autricoach, la questione è più specifica e circostanziale.

Quando siamo venute o venuti al mondo, siamo di fatto entrati in una produzione in piedi già da un po’, come quando in un prodotto di lunga serialità compare un nuovo personaggio: la storia e il contesto sono lì da un tempo X e il nuovo character si deve ‘adattare’ alla narrazione.

Come in Game of Thrones o in qualunque altra serie apparentemente sine fine.

Esigenze di storia, si dice in campo autorale. Ma parliamo di una storia scritta e pensata da qualcuno che, come un Deus ex machina, decide le sorti della vicenda.


Rompere la quarta parete

Il film in cui entriamo nascendo è dunque un complesso di occorrenze da copione che erano lì prima di noi e alle quali ci viene implicitamente chiesto di adattarci.

C’è però un punto di fondamentale importanza in questa faccenda: della nostra vita noi siamo indubbiamente gli attori protagonisti, ma siamo anche gli autori principali.

Spesso, per poterci dedicare a questo ruolo autorale, e portare la nostra straordinarietà nell’ordinarietà del copione com’era prima che entrassimo nel cast, dobbiamo mettere mano all’intreccio della storia, anche quella prima di noi.

Nella Rosa Purpurea del Cairo, Tom Baxter (il personaggio del film che Cecilia, giovane donna di provincia continua ad andare a vedere al cinema per evadere dalla sua vita monotona e dal suo deludente matrimonio) lo fa in un modo totalmente inaspettato.

All’ennesima replica del film di cui è protagonista, ma non autore, ne ha piene le tasche del ripetersi incessante della sua storia e così decide di rompere la quarta parete, il muro immaginario che separa il mondo della rappresentazione dal mondo della realizzazione, e uscire dallo schermo.

Mi sembra la metafora perfetta di quel che avviene quando ci accorgiamo che l’impianto narrativo e scenografico della nostra storia personale è un copione che ci impedisce di mettere in atto le nostre ispirazioni, i nostri desideri e i nostri talenti; di quando smettiamo di chiedere il consenso per fare, squarciamo il velo dello schermo, che non a caso è una superficie di proiezione, ci infiliamo nello strappo e andiamo a vedere che si dice al di là.

Lo schermo di Claudia

Qualche settimana fa, Claudia, la creatrice di L’arte di fiorire, si è messa in gioco con uno degli esercizi di Prompt.52, il percorso gratuito di coaching narrativo lungo 52 settimane che trovi nella Clique degli autori.

Claudia, come tutte le cercatrici della vena aurifera del talento, è molto interessata al viaggio dell’eroe e voleva conoscere più da vicino il mio approccio di coaching narrativo che alle teorie di Campbell, e successive rivisitazioni, deve moltissimo.

Il Prompt 2/52 a tema Comfort Zone è l’esercizio che le ho proposto di fare e di rivedere insieme.

La prima domanda di Claudia mi è arrivata non appena le ho inviato il file con l’esercizio (riporto fedelmente):

«Carlotta, hai qualche indicazione particolare da darmi sulla compilazione? Rispondo prima alle domande e poi al primo foglio?»

Ricordi il discorso poco più sopra sul “da manuale”?

Istintivamente Claudia sentiva come ‘forzato’ il doversi attenere alle griglie dell’esercizio così come lo avevo impostato io, e altrettanto istintivamente mi ha chiesto il permesso per agire in modo più allineato con la sua personalità.

Della sua domanda, il sottotesto era:

«Quanta libertà ho? Quanto mi è concesso fare le cose come sento di volerle fare? Il mio modo, anche se è diverso dal tuo, mi farà ottenere risultati? Posso permettermi di uscire dai margini?»

È splendido, onesto, vero di una verità abbagliante il suo racconto di come ha deciso, infine, di svolgere l’esercizio.

Claudia e la sua rottura della quarta parete

Quando Claudia mi ha consegnato l’esercizio, del mio prompt era rimasta la mappa, ma come affrontare il viaggio lo ha deciso da sola:

  • ha preso il suo talento (la sua capacità di raccontare e raccontarsi attraverso il tratto e il disegno) e ne ha fatto il suo destriero
  • ha rotto l’argine della regola e ha allargato il letto delle sue possibilità
  • ha preso un copione già scritto e ci ha messo del suo

Ed è questo il potere nascosto degli esercizi di coaching che ti propongo, in Prompt.52 come altrove: sono fatti per stimolarti a metterci del tuo.

Se ti dai il permesso di eseguirli, e usarli, seguendo il tuo tratto – anche se ti hanno sempre fatto credere fosse ridicolo, infantile, inadeguato – non saranno mai solo un compito svolto “come da manuale”, bensì una vera e propria occasione per immettere nell’ordinarietà della storia in cui sei stata catapultata, o catapultato, la tua straordinarietà.

Un’opportunità per lasciare il tuo segno. Come Zorro 🙂

Prova settimanale dell’eroe

Oltre a invitarti a seguire Claudia su Facebook e su Instagram, questa settimana ti propongo di metterti in gioco così:

  1. prendi una cosa che fai da tempo in un certo modo perché è così che ti è stato insegnato a farla
  2. pensa in quanti altri modi la faresti se nessuno ti avesse condizionata o condizionato
  3. scegli uno di questi modi e incomincia a farla così

E se hai una storia di rottura dello schermo da condividere, raccontamela qui sotto nei commenti.

Sono sempre felice e grata quando mi dai l’occasione di conoscerti un po’ di più.

 


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