Da bambini riceviamo un certo numero di rimproveri, ammonimenti e richiami.
Succede in tutte le famiglie e nella maggior parte dei casi si tratta di momenti che non prevaricano e non tolgono spazio ad altre espressioni di cura, educazione e affetto.
In certe famiglie, come abbiamo visto nel caso della famiglia sconfitte e frustrazioni e in quello della famiglia ansia e tristezza, alcuni comportamenti prendono il sopravvento su altri creando un ambiente particolarmente favorevole allo sviluppo di attitudini, abitudini e tendenze che possono, nel lungo corso della vita, limitare e ostacolare la piena realizzazione del proprio potenziale.
Il tiro alla fune tra vergogna e pressione
La vergogna è un sentimento spesso associato al senso di inadeguatezza e fallimento.
Se osservi un bambino, se sei genitore non ti manca o non ti sarà mancata l’occasione, ti rendi subito di conto di quanto, allo stato di natura, vergogna e senso di fallimento non facciano parte dell’animale uomo nelle sue prime fasi di sviluppo.
Un bambino non prova alcuna remora nel fare cose che un adulto ritiene mediamente inappropriate, buffe o da correggere. Cose come infilare la mano nella propria cacca e darle un’assaggiatina; provare a camminare e cadere e ricadere, e alzarsi e rialzarsi, un milione di volte; saltare in braccio a una sconosciuta e infilarle le mani tra i seni; correre verso la porta e centrare con precisione… il muro, per poi riprendersi e infilare l’uscio con assoluta nonchalance.
Per il bambino, e la bambina s’intende, vergogna e fallimento sono concetti che non riconosce, e quindi che non esistono. A meno finché qualcuno – in genere gli adulti di riferimento come il babbo, la mamma, i nonni – non inizia a normare i suoi comportamenti.
In alcune famiglie, questa norma, viene però impartita a suon di critiche e polemiche.
Bene, ma non benissimo
Si tratta di quelle famiglie i cui membri chiedono molto gli uni agli altri e in cui si innescano, con elevata frequenza, discussioni interminabili incentrate perlopiù su concetti e posizioni e quasi mai finalizzate a trovare un accordo, o una soluzione, soprattutto se pratica, nuova.
È un gioco allo sfinimento: vince chi dura tanto da riuscire a imporre il proprio punto di vista, generalmente prevaricando, mortificando e umiliando qualsiasi altra tesi in contrasto con la propria.
Ma si tratta anche di famiglie nelle quali ai bambini vengono richiesti risultati e performance elevati, sovente in modo subdolo o con la tecnica del bastone e carota capace di creare in chi la subisce una confusione pazzesca:
«Che brava/bravo, hai preso sette! E gli altri tuoi compagni?»
Se nella risposta vengono riportati risultati migliori, la reazione del genitore critico-polemico potrebbe essere:
«Ah, è proprio il caso che ti impegni un po’ di più allora!»
«Certo, se non passassi tutto quel tempo sui fumetti…»
«Allora non hai dato il meglio di te. Mi aspetto qualcosa di più al prossimo compito!»
Come dire, bene sì, ma non benissimo. Quindi, alla fine della fiera: mediocre. Non degno di nota.
La ferita della dignità
Chi cresce in un ambiente ipercritico e polemico tende a sviluppare due tipi di schemi comportamentali:
1. lo schema dell’inadeguatezza
2. lo schema degli super standard (di qualità, risultati e performance)
In entrambi i casi si è di solito di fronte a uomini e donne che hanno visto criticate, redarguite, biasimate non soltanto gli esiti delle proprie prestazioni, ma anche la presunta inadeguatezza delle proprie scelte e il valore delle proprie attitudini e del proprio potenziale.
La risposta agli stimoli dati da una famiglia critiche e polemiche è compensatoria sia per chi opta per lo schema comportamentale n. 1, sia per chi sceglie lo schema n. 2, ma non è la medesima.
Il senso di inadeguatezza
Nello schema 1, la ferita della dignità si trasforma in un atteggiamento di rinuncia permeato da bassa autostima e basso senso di auto efficacia.
Chi compensa alle critiche bevendosi la storia della propria manchevolezza crede ciecamente di non meritare amore: d’altra parte, se neppure i genitori, sangue del suo sangue, non hanno potuto riservargli amore incondizionato, chi mai potrebbe?
Ma il concetto d’amore è un concetto ampio che va oltre le relazioni e la coppia. Sentire una mancanza d’amore è innanzitutto avere la spiacevole impressione che la bellezza del mondo sia lì per chiunque, ma non per noi. È come essere invitati alla festa del mondo con una clausola che ci obbliga a fare da tappezzeria.
Super standard per una vita sotto pressione
L’altra strada per chi cresce in una famiglia critiche e polemiche è quella di interiorizzare l’atteggiamento ipercritico e di optare per uno schema comportamentale di tipo 2.
In questo schema la ferita della dignità diventa una ricerca spasmodica di successi e alti riconoscimenti in qualche ambito della vita. Il più delle volte in ambito professionale, ma non è una regola fissa.
Le persone che entrano in questo schema:
• si pongono standard di performance e risultati molto elevati (soprattutto perché anelano encomi e riconoscimenti che scalzino il senso di inadeguatezza)
• hanno la tendenza a rincorrere il successo (uso non a caso la parola rincorrere, che di solito si usa abbinato a qualcosa che sfugge, al posto di una più ecologica come perseguire che implica il seguire una strada con uno scopo)
• mirano a condizioni economiche e sociali privilegiate come status symbol di riuscita e potere
Chi rimane incastrato in questo pattern è quasi sempre frustrato, arrabbiato, schiacciato dall’ansia e dalla pressione. Cosa che, ironia della sorte, lo fa sentire spesso inadeguato e indegno.
Salvarsi dalla famiglia
C’è questa scena meravigliosa di un film altrettanto meraviglioso, Ricomincio da tre, in cui il protagonista, Gaetano, inizia a lavorare come spalla di Frank, un pastore americano che divulga la parola di Dio porta a porta.
Quando arrivano a casa di Robertino, un bambinone di verosimilmente quarant’anni, soggiogato da una madre castrante, critica e polemica nei confronti dei tempi moderni e della nuova gioventù, Gaetano è chiamato a spiegare all’uomo la giusta misura dei rapporti con l’altro sesso.
Ecco, dalle famiglie, specialmente da alcune tipologie, bisogna salvarsi.
E per salvarsi è necessario smettere di accontentarsi e bersi le storie che ci propinano, su di noi e sul mondo, e uscire per cercare le nostre di storie.
Prova settimanale dell’eroe
Tendi a mettere in campo comportamenti da schema 1 e da schema 2?
Puoi iniziare a riscrivere la tua storia senza portare con te il capitolo delle critiche e delle polemiche che ha caratterizzato il libro della tua formazione, rispondendo a queste domande:
1) Quanto sei critica/critico nei confronti degli altri?
2) Che atteggiamento hai nei confronti delle critiche?
3) Che importanza riveste nella tua vita il riconoscimento dei tuoi talenti da parte di terzi?
4) Che importanza riveste nella tua vita il riconoscimento di un tuo successo da parte di terzi?
5) Che importanza riveste nella tua vita uno status socio-economico prestigioso?
6) Quanto è importante per te far buona impressione sugli altri?
7) Cosa succede quando ti trovi di fronte a un rifiuto?