«Fammi uscire da qui!», urla, si dispera, piange. Un lieve filo di mascara nero le cola sulle guance arrossate. Ora ha proprio l’aria di una bambolina emo smarrita. Lei è giovane, bellina, e prima che l’incubo iniziasse, e cioè prima che si ritrovasse chiusa in uno scantinato da un pazzo maniaco che non vede l’ora di affettarla alla julienne, aveva una vita: buoni voti, tanti amici, gli allenamenti con le cheerleader del sabato pomeriggio, una famiglia appena un poco bacchettona ma super amorosa… E insieme a tutte queste belle cose, visto il punto in cui si trova, nella vita della giovinetta c’è anche una collezione di stronzate di tutto rispetto, inanellate una dopo l’altra. Tali e tante che non ci si può credere.
In alcune storie, diciamocelo senza timore di risultare scortesi, la sospensione di incredulità, ovvero quel tacito accordo tra le parti che prevede che io, fruitore dell’opera di finzione, congeli per la durata necessaria le mie capacità critiche, richiede davvero tanto, tanto, tanto impegno e buona volontà. Guardando certi film, infatti, vien da farsi, dal prologo all’epilogo, un’unica domanda: «Perché diavolo [tizio/tizia, protagonista di turno] lo sta facendo?».
Perché, in un luogo disperso nel nulla, con una gruppo di amici decimato da una mannaia assassina e con uno psicopatico in allegra libertà, tu, aitante e muscoloso quarterback, decidi di andare, da solo, a verificare la ragione per cui Gigino il molesto, che non volevate neppure portarvi dietro, non torni dal bagno? E perché, di grazia, Gigino il molesto non ha fatto pipì in una bottiglia d’acqua? All’imbarazzo che può scaturirne, ci arrivo; al giocarsi la testa per non rischiare di essere presi per i fondelli a vita nei corridoi di un liceo, che dopotutto prima o poi finisce, lascio.
Per quale ragione la cheerleader, il quarterback e il molesto si comportano come si comportano? Perché è scritto sul loro copione, naturalmente!
Il copione e la sua funzione
Al cinema, come a teatro, un copione è quel documento che contiene l’insieme delle battute e delle azioni che un’autrice, o un autore, ha assegnato a una serie di personaggi. Codesti personaggi verranno poi impersonati da attori i quali, recitando ciascuno il proprio ruolo, daranno vita a una storia. Quindi: c’è una storia; in questa storia si muovono alcuni personaggi e ciascun personaggio svolge una funzione specifica senza la quale la storia non esisterebbe, o non starebbe in piedi.
Vediamo lo schema nella prospettiva di un racconto non troppo fantasioso. C’è una grande azienda; ci sono un vecchio padre prossimo alla pensione, titolare dell’azienda come il suo di padre prima di lui; una madre, con poca voce in capitolo e un ruolo marginale, in azienda come in famiglia; e ci sono due sorelle, una un bel po’ più adulta dell’altra, sposata, ricercatrice all’estero per una grossa multinazionale farmaceutica; l’altra brillantemente neolaureata in economia, con un gran talento per l’arte dolciaria – gestito, con un po’ di vergogna, come hobby – , ed erede putativa dell’azienda di famiglia.
In questa storia abbiamo dunque:
• un passaggio di testimone all’interno di una famiglia di imprenditori [tema]*;
• un padre che ha come valori portanti il lavoro e la tradizione [personaggio e ruolo];
• una madre gregaria che incarna i caratteri dell’abnegazione e dell’accettazione [personaggio e ruolo];
• una primogenita che ha messo, tra sé e il clan, una distanza sufficientemente ampia da poter essere espulsa ‘naturalmente’ dalla staffetta ereditaria [personaggio e ruolo];
• un’ultrogenita costretta dalla trama ad accettare il ruolo di timoniere dell’azienda di famiglia e quindi ad abdicare a tutt’altra vocazione [personaggio e ruolo]
Il copione di questo dramma famigliare [genere], inventato ma nient’affatto improbabile, riguarda la fedeltà familiare, la quale prevede che il piano di vita di questi personaggi prosegua in modo da mantenere intatta la struttura della storia. In sæcula sæculorum. Che culo.
Cosa c’è scritto nel tuo copione?
A guardarli ben bene da vicino, i copioni riguardano praticamente tutti una fedeltà alla storia familiare e una fedeltà ai genitori, che sono, per fare un parallelo realtà/fiction, i primi autori della nostra sceneggiatura di vita. Così come i nonni sono stati gli autori dei copioni dei nostri genitori, i bisnonni dei nostri nonni e così via fino ad arrivare alla coppia primordiale.
Durante l’infanzia, quando la nostra conoscenza del mondo è limitata a qualche metro intorno alle mura domestiche e la nostra capacità di analisi della realtà copre giusto quel raggio, a influenzare e determinare il nostro punto di vista sul mondo non può che essere la famiglia. Dalla famiglia ci arrivano infatti le indicazioni su ciò che è giusto fare o non fare nella vita; ci arriva il sentito suggerimento sullo scopo che vale la pena perseguire; ci arriva la strutturazione del tempo (quando si mangia, si dorme, si studia, si lavora, ci si sollazza – poco però! –, si parla, si tace). E come sa qualsiasi buon attore: se segui il copione, non puoi sbagliare.
E su questo non ci piove. Però parliamo sempre di un copione di cui tu non sei autrice, o autore. Parliamo di una narrazione di te fatta da qualcuno che non sei tu. E come per la cheerleader, il quarterback e il molesto, se nella sceneggiatura non viene aggiunto qualche elemento di novità, sappiamo tutti, fin dalle prime inquadrature, come andrà a finire.
Fai la tua parte
Dimmi, te lo sei mai sentita, o sentito, dire: «Devi fare la tua parte!»? Ovvero: non uscire dal ruolo, perché se lo fai il film qui va a catafascio. Se tu, cheerleader, mi esci dal ruolo, che ne sarà del tuo carnefice? Se tu, Gigino il molesto, fai pipì in quella maledetta bottiglia e accetti una ferita all’autostima, e un anno di perculamenti senza soluzione di continuità, come farà quel trombone del quarterback a lasciarci inutilmente le penne?
Buona parte delle nostre storie prosegue su determinate linee perché difficilmente qualcuno ce ne chiede conto domandandoci: «Perché diavolo lo stai facendo?». Nessuno si aspetta che la cheerleader agisca con un po’ di cervello e astuzia. Che il molesto sia un tantino meno ebete e superficiale. Che il quarterback smetta di ragionare con il testosterone. Anzi, potremmo dire che mediamente, le persone che abbiamo intorno, si guardano bene dal farci notare i falsi assunti su cui poggiano i nostri ruoli. Questo perché se mai decidessimo di disobbedire al copione e alla parte che ci assegna, metteremmo in crisi la nostra storia così come ce la siamo bevuta per tutti questi anni, e pure la loro.
Riscrivere il copione
Se vuoi raccontare la tua storia, devi scriverla tu. E il primo passo consiste nel fare un’analisi del film di cui sei stata, o stato, protagonista finora.
• Inizia dal tema: qual è quello della tua vita?
• Qual è il ruolo del tuo personaggio in questo tema?
• A quale genere appartiene la tua storia?
• Se non cambi nulla del tuo copione, come pensi proseguirà la vicenda? [traiettoria]
Il processo non è forse dei più brevi, ma non è detto che debba essere noioso, sofferto e drammatico. Bisogna prenderlo un po’ come un giro su una giostra che diverte e fa paura insieme. Una di quelle che ti sparano su su, in alto, quasi sospeso in aria, e poi ti fanno volare giù giù, veloce veloce, in caduta libera: un mix di eccitazione e di «chi cazzo me l’ha fatto fare?». Hai presente, no? E comunque, dai, persino Woody Allen ha dismesso la parte del paranoico bisognoso di lettino: vuoi dirmi davvero che tu non puoi scrivere e interpretare il copione che ti pare e piace?
VUOI LAVORARE ALLA NUOVA SCENEGGIATURA DELLA TUA VITA CON ME?
*Le parti in rosa di questo brano del post ti faranno da utile guida nell’esercizio che ti propongo a fine articolo