Mancano poco più di 24 ore alla fine del mese e come sempre mi siedo alla scrivania e faccio il mio bilancino.
Tu tieni traccia di te?
Se lo fai, come lo fai?
A me piace chiudere il mese con due liste:
- la lista delle parole che voglio portare con me nel mese successivo
- la lista delle parole che voglio lasciare nel mese che si è appena concluso
Questo mese, però, è successo qualcosa.
Sono incappata in una lettura che mi ha stimolata così tanto che ho deciso di celebrare la fine di febbraio in un modo non totalmente distante dal solito, pur tuttavia diverso.
Ventuno verità sull’amore di Matthew Dicks è il libro che mi ha solleticato il cambiamento: racconta la storia di un libraio in cerca di un lieto fine ed è scritto interamente con la tecnica delle liste.
Il protagonista di questo romanzo breve è Daniel, ex insegnante che ha seguito il sogno di aprire una libreria e che nell’oggi della narrazione si trova a un passo dalla catastrofe economica.
A questo imminente fallimento si aggiungono due ‘contro’: il primo è la messa in cantiere di un figlio che Daniel non è per nulla convinto di desiderare, il secondo è la carrettata di bugie che da mesi racconta alla moglie Jill.
L’audacia dell’autore nel provare a raccontare una storia attraverso un elenco di avvenimenti, e di pensieri conseguenti, mi ha entusiasmata tantissimo.
E già lo so che ci sarà qualche guardiano della soglia della Letteratura con la L maiuscola che avrà da ridire sul poco spessore e sulla mancanza di originalità della trama.
È vero: la trama è semplice e in fondo, raccontando una storia a botte di liste, Matthew Dicks non ha fatto nulla che già non faccia chiunque pratichi l’arte del bullet journal.
Tuttavia, la scarsa originalità e complessità della storia sono abilmente equilibrate dall’originalità e dalla complessità della prova d’autore, il quale, sfruttando una tecnica decisamente conosciuta ma dislocata dal posto in cui ci si aspetterebbe di trovarla, ne ha fatto uno stile narrativo godibile e nuovo.
Adoro le sperimentazioni.
Le adoro perché mi stupiscono e mi stimolano a sperimentare a mia volta, a modificare un po’ la rotta, a buttarmi in qualcosa di nuovo e diverso o a mettere qualcosa di conosciuto ‘fuori posto’.
Così, grazie a Matthew Dicks e al suo romanzo a liste, ho deciso di chiudere il mese di febbraio con una sola lista di eventi/pensieri/riflessioni che mi hanno portata da un punto A della mia storia personale, a un punto B.
Ne ho rintracciati sei:
- Evviva l’ipnosi, evviva la pratica!
- Non ho ancora imparato a segnarmi la scadenza dei periodi di prova di app e servizi
- Temo che per pareggiare i conti con questa vita, nella prossima mi toccherà rinascere una fanatica dello sport
- Dico di tenere per il Toro, la verità è che non ho squadre e che il solo pensiero di parteggiare per tutta la vita per un solo stemma mi atterrisce
- Posso fare a meno di un sacco di cose, ma avere un termometro mi rassicura sempre
- Mi è stato chiesto se avessi da accendere, ho risposto: «Non fumo»
Siccome però scriverla e basta non soddisfaceva appieno l’improvviso exploit creativo, ho deciso di far coagulare più stimoli: la storia del mio mese in liste + la realizzazione di una one page zine [ho scoperto le one page zine qui] + la tecnica del collage (con cui potendo arrederei persino casa).
Perché si tiene traccia di sé?
Se non avessi già trovato una risposta soddisfacente, questa sarebbe la domanda che inciderei sull’ultima di copertina della mia zine.
Tenere traccia di sé aiuta a vedere i progressi, a incoraggiarsi quando si perdono un po’ di determinazione e motivazione, a dedicarsi il tempo di cui si ha bisogno per per guardarsi, vedersi e riconoscersi nei mutamenti.
Tenere traccia di sé, anche delle cose di cui non si va troppo fieri, ci rende autori più attenti e accurati.
[Se vuoi scaricare il template della zine per le tue liste di fine mese, lo trovi nella Clique degli autori]
Le Writing Room sono incontri tematici di coaching per piccoli gruppi che puoi seguire online e si svolgono in diretta.