il pifferaio magico: la rivolta del talento negato

Nella piccola cittadina di Hamelin, il sindaco e gli abitanti sono disperati: un esercito di topi ha invaso case e strade e non c’è modo di liberarsene.

Finché un giorno, dal nulla, ecco spuntare un giovane dall’aria allegra e spensierata che promette, in cambio di mille monete d’oro, di risolvere il problema.

Disperato e senza alcuna altra soluzione a portata di mano, il sindaco stipula l’accordo con il gioviale forestiero il quale, senza perdere tempo, cava dalla tasca un piffero e con quello inizia a intonare una melodia suadente.

In men che non si dica, tutti i topi nascosti nell’ufficio del sindaco escono allo scoperto e iniziano a seguire, incantati, il Pifferaio che intraprende il giro del villaggio trascinando dietro di sé ogni singolo topo presente ad Hamelin.

La fine dei topi non è delle più compassionevoli: essi infatti moriranno annegati a largo del fiume. Ma nemmeno la fine della storia è tra le più felici.

Infatti, quando il pifferaio torna al paese per incassare la ricompensa pattuita, il sindaco, rimangiandosi vigliaccamente la parola, gliela nega.

Inferocito per l’ingiustizia subita, il Pifferaio inizia allora a suonare una nuova melodia, ma questa volta a seguirlo incantati non sono i topi o altre specie animali, bensì tutti i bambini di Hamelin. Tutti tranne uno, zoppetto, che non riuscendo a tenere il passo del bizzarro corteo si troverà l’unico bambino rimasto in città; unico, solo, piangente e disperato.

Uomini o topi?

In Europa vige da sempre nei confronti dei topi un pregiudizio piuttosto sfavorevole. Essi infatti sono tradizionalmente legati all’idea di avarizia, di parassitismo, di miseria e di cupidigia. Oltre che essere ritenuti propagatori di peste, e dunque di morte.

Hamelin è dunque una cittadina tenuta sotto scacco da quattro tra i peggiori vizi che possiamo immaginare associati al genere umano, e sembra che per i suoi abitanti non vi sia scampo e salvezza.

Il Pifferaio, o il talento che cambia le cose

Qualcosa però, in questo quadro di miseria, finalmente succede: arriva qualcuno. E non uno qualsiasi, ma un personaggio con il talento giusto per cambiare le cose. Un talento che è disposto a condividere a patto che gli venga riconosciuto.

Quante volte hai chiesto al tuo talento di supportarti in questi anni?

E quante di queste volte hai promesso a questo talento che ti saresti occupata o occupato di lui anche dopo, nel tempo?

Quante volte gli hai garantito che non avresti sprecato il suo prezioso aiuto e che, anzi, ti saresti prodigata o prodigato per continuare a nutrirlo come meritava?

Quante volte, insomma, hai detto al tuo talento che poteva fidarsi di te, mostrarsi, e sfoggiare il suo potere, perché tu mai più ti saresti tirata o tirato indietro nella promessa di continuare a onorarlo?

Il prezzo del talento

Quando decidiamo di alloggiare nella stanza del nostro talento abbiamo il dovere di essere ospiti rispettosi. Se diciamo sì ai servizi che ci offre, dobbiamo essere pronti a pagarne il prezzo.

Sì, hai capito bene: il talento ha un prezzo. Un prezzo che si paga in termini di:

• perdita di comodità

• perdita di tranquillità (ma sei sicura, o sicuro che non chiami tranquillità ciò che in verità andrebbe definita pigrizia?)

• perdita di sicurezza (o noia?)

• perdita di qualche buona ora di sonno (che puoi confondere con l’ansia, ma magari è eccitazione; ci hai mai pensato?)

Il talento ti chiede di rinunciare all’accidia, all’avarizia, e spesso anche all’arroganza che ti deriva dal ruolo (dall’ego) con cui sei abituata, o abituato, a presentarti agli altri, e ti mette di fronte a un patto:

«Vuoi tu cambiare il punto di vista sulle cose, mettere in discussione la tua vita com’è stata finora, modificare le tue abitudini per liberarti di ciò che è parassitario, pestilenziale e corrosivo e darti futuro più entusiasmante e ricco di possibilità?»

[Di possibilità e potenziale ne parla invece quest’altra fiaba qui]

Se rispondi «Sì, lo voglio» e all’ultimo infrangi la promessa, non devi stupirti di come da alleato si trasformi in antagonista.

Perdere il futuro

Cosa fa il Pifferaio quando il sindaco, d’accordo con gli altri adulti della città, decide di non riconoscere l’apporto del suo intervento (ovvero di non riconoscergli il talento)? Si vendica portandosi via i bambini.

Ne lascia lì solo uno, zoppo, come a ricordare agli abitanti di Hamelin che un futuro che non appoggi sulle gambe solide del rispetto per sé e per gli altri, e soprattutto nel rispetto del proprio e altrui talento , è un futuro molto fragile e claudicante.

Quando offendi il tuo talento chiamandolo in causa e infine liquidandolo con un: «Ah no, aspetta: mi sono sbagliata (o sbagliato). Puoi tornare da dove sei venuto!», stai escludendo quanto, nella tua vita, ha un futuro ancora tutto da scriversi. I “bambini”, appunto.

Hamelin ha scelto di rimanere una città a misura dei suoi parassiti. Tu cosa scegli?

Esercizio settimanale dell’eroe

Quale talento hai rifiutato di riconoscerti?
In quale modo, secondo te, si è vendicato?
Cosa potresti fare per farlo tornare da te e renderlo un buon alleato?

Prova a pensare a tre azioni pratiche per onorare il tuo talento che sei sicura, o sicuro, di riuscire a mantenere nel tempo. 

E ricordati: il Pifferaio non prende bene le promesse infrante.