10 attitudini fondamentali se vuoi darti alla libera professione e aprire partita iva

Non sono una fanatica del lavoro autonomo. E non sono il tipo di coach che ti dirà mai: «Molla tutto e fai di ciò che ti appassiona un business!»

Primo perché le persone non sono tutte uguali, e no, non siamo tutti portati a diventare “imprenditori di noi stessi”.

Secondo perché il «Molla tutto e fai di ciò che ti appassiona un business!» è un suggerimento quantomeno irresponsabile, e in talune situazioni addirittura dannoso.

Conosco soltanto due casi in cui questa particolare incitazione non è il peggior input che possa arrivarti:

• quando sei così “coperta” (o coperto), soprattutto economicamente, che se anche tu pestassi il merdone del secolo ti ritroveresti con km e km di carta igienica otto strati con profumazione al mughetto immediatamente disponibili;

• quando sei così nella merda che distinguere i tuoi confini da quelli dell’escremento in questione è impresa titanica, quando cioè non hai proprio niente da perdere.

In tutti gli altri casi, che sono anche la maggior parte, prima di mollare il tuo lavoro dalle 9 alle 17, organizza una seria riunione progettuale con te stessa, o con te stesso.

Più che libera, diversamente vincolante

Ho conosciuto donne e uomini che hanno lasciato il proprio lavoro dalle 9 alle 17 perché convinti fosse la causa di tutto il malessere che cadeva loro addosso, dello stress, dell’ansia, del burn out e persino della retrocessione in B della loro squadra del cuore.

Pensavano, complice una certa faciloneria dilagante e qualche messaggio truffaldino disseminato qua e là, che la soluzione di quel mal di essere e di vivere l’avrebbero finalmente trovata nella libera professione.

D’altra parte, cosa può esserci di meglio di una prospettiva che già nel nome contiene la parola: libera?

Ed è proprio questo il grande inganno. Perché se anziché chiamarla libera professione, la chiamassimo, con maggiore onestà, “professione diversamente vincolante ma non necessariamente meno impegnativa o sempre divertente e piacevole” avremmo forse meno partite IVA in circolazione e più business prosperi, sani e capaci di rendere felici le persone che li mettono su.

Dentro le libere professioni

La fetta più consistente di liberi professionisti lavora come freelance. Alcuni sono solopreneur.

[Nella definizione molto semplice e ficcante di Paul Jarvis in Company of One: il freelance è qualcuno che offre il proprio tempo in cambio di denaro; il solopreneur è qualcuno che costruisce un business gestibile da una sola risorsa, che gli permetta di guadagnare in maniera svincolata dal tempo.]

Un numero ancora troppo alto è alternativamente dipendente (quelle che per il fisco sono le cosiddette ‘false partita IVA’).

Molti rimangono per mesi possessori di partita IVA senza portafoglio, né clienti né quello da infilare nella tasca o buttare in borsa.

La grossa parte di quest’ultima categoria è fatta proprio dalle persone che, senza la famosa riunione progettuale seria di cui parlavo all’inizio di questo post, hanno mollato tutto per fare di una qualche passione, spesso momentanea o appena scoperta, il proprio business.

Tuttavia, le passioni non hanno mai la forza durevole degli amori (e dei talenti di cui ho parlato in questo post), e il più delle volte alla relazione con il loro progetto di business bastano sette mesi (altro che anni!) per andare in crisi.

Da qui, se sono abbastanza fortunati inizia per loro una lunga stagione di rebranding. Se lo sono meno, un giro non proprio turistico nell’inferno della frustrazione in compagnia del demone del fallimento e della strega della disistima di sé, entrambi simpatici come la carta vetrata usata al posto dei dischetti per struccarsi (se sei uomo e non ti trucchi, puoi usare la carta vetrata a tua immaginazione).

La libera professione non è un refugium peccatorum

La libera professione non è un refugium peccatorum e non ha misericordia di nessuno.

Ci sono persone che aprono partita IVA come reazione alla disoccupazione: siccome nessuno dà loro un impiego, se lo danno da sole.

Se fino a sei o sette anni fa questa poteva essere una strada percorribile, oggi senza una solida preparazione e un progetto di business ben studiato non vai da nessuna parte: aprire partita IVA per darti un lavoro non è una scelta sana, né per te, né per le tue entrate.

Altre si danno alla libera professione sull’onda del: «Non so chi sono, non so che fare e non so dove andare; tanto vale che mi metta da qualche parte».

Il che equivale a presentare al G.E.U. (Grande Editore Universale) un romanzo di cui si abbia soltanto una vaga idea per il titolo: non bisogna lamentarsi se quello ci rifiuta il progetto!

Le persone per le quali non mi do pace sono quelle che hanno un talento indiscutibile e smisurato per qualcosa che può essere prodotto o erogato in libera professione (scrivere, fotografare, disegnare, cucire, organizzare…), ma aprono la Partita Iva per fare tutt’altro.

Di solito lo fanno perché qualcuno ha detto loro (ma qualche volta se lo dicono da sole) che campare di quel talento sarebbe troppo difficile, strano, impossibile… Che ci vorrebbe una scuola, prima. Ma poi, anziché iscriversi a quella scuola che le avvicinerebbe al proprio talento, si iscrivono a tutt’altra formazione.

Lo so bene: rischiare un non talento, e magari fallire, fa meno paura e male che rischiare un talento vero. 

Eppure rimango dell’idea che nonostante la paura non valga la pena tirarsi indietro. Dopo la famosa riunione progettuale, s’intende. Possibilmente in compagnia di qualcuno che possa fare un serio controcanto alla narrazione dominante (e limitante) che ha preso il sopravvento nella nostra storia.

Infine, ci sono le anime perse e irrequiete, quelle che la partita IVA l’apriranno sempre con l’anno nuovo, da dieci anni.

E forse, per alcuni di questi indecisi è meglio così. Anche perché nei dieci anni di «A gennaio apro la partita IVA», si sarebbero trovati a cambiare altrettanti codici Ateco.

Vuoi davvero aprire partita IVA a gennaio?

Se sei decisa, o deciso, se hai fatto la famosa riunione progettuale tra te e te, se non stai cercando nella libera professione la pillola risolutiva al tuo mal di essere e di vivere, né un rifugio dalle insidie della vita o dal tuo talento, fai ancora uno sforzo e sincerati di poter spuntare almeno i tre quarti della lista di attitudini, skill e soft skill che ti sto per elencare.

1. Pragmatismo

Per realizzare qualcosa di concreto bisogna partire da dati di realtà.

La mia amica Silvia, aka Mathilda Stillday, ha scelto di essere una libera professionista  e ha anche scelto di essere una mamma e di fare home schooling. Quando pianifica il lavoro sa che non può prescindere dalle altre due scelte.

2. Scopo

«Guadagnare quanto voglio, fare un lavoro che mi piace, gestire autonomamente le mie giornate», questa è la risposta che ricevo in media quando chiedo di raccontarmi perché ci si voglia mettere in proprio. E cioè ricevo una risposta apparente.

Le risposte apparenti sono risposte generiche, che possono uscire dalla bocca di chiunque e che possono al massimo offrire un motivo per iniziare, non certo un sistema motivazionale per stare e perseverare.

Scava e trova il tuo perché: quello che ha senso e dà un senso alla TUA storia.

Vuoi dare una ristrutturata al tuo sistema motivazionale con me?

3. Resilienza

Oh già, te la trovi anche qui. Lo so che te l’ha propinata persino il dentista, ma come dicevano i saggi antichi: repetita iuvant.

Se hai ormai preso in odio la parola e il solo leggerla ti provoca rifiuto, allora inventa tu una parola che nella tua testa possa compendiare: spirito di adattamento, fiducia nelle tue capacità, duttilità e talento nel rimappare.

4. Autodeterminazione

Un solo lemma che, spuntato, dice che sai gestire la libertà di scelta e di azione e lo sai fare prendendotene la responsabilità. Qualsiasi cosa accada; o meglio: qualsiasi cosa tu faccia accadere.

5. Competenze trasversali

Di competenze trasversali hai bisogno soprattutto se vuoi svolgere la libera professione in modalità solopreneur, ma che ti tornerà comunque utile, soprattutto allo start della tua avventura.

Se una parte del tuo business troverà una seconda casa online, e non sei una o un web designer bensì una o un pet sitter, sono considerabili competenze trasversali l’uso di WordPress, qualche nozione di composizione grafica e fotografia, nozioni di vendita online e marketing…

Lo so, a vedere tutto insieme, nero su bianco, fa un po’ paura, ma credimi: è solo l’ennesimo caso di un’ombra che si allunga quando la luce è bassa.

La parola magica rimane: chiarezza. Se hai chiaro cosa vuoi fare, le cose si imparano anche un poco per volta, con la giusta priorità.

6. Preveggenza

Se non sai leggere la sfera di cristallo, fai subito domanda d’assunzione in banca! Scherzo, ovviamente. Sulla sfera di cristallo, non necessariamente sulla domanda in banca: non capisco cosa vi sia di così tremendo nel lavorarci.

Ma torniamo alla preveggenza: parlo di ciò che i mentalisti definirebbero una lettura a freddo.

Osservando il comportamento e ascoltando le conversazioni dei tuoi clienti, o futuri tali, quali delle preziose informazioni che ricevi possono aiutarti a confezionare la prossima proposal cannot refuse (proposta irrefutabile)?

7. Comunicazione

Non è opzionale: devi saper comunicare e devi saperlo fare bene (che significa anche con tutti i congiuntivi e i condizionali al posto giusto!).

Soprattutto devi averne voglia, perché puoi trovare chi passi sopra a un modo verbale sbagliato, ma a nessuno piace parlare con  qualcuno che si sta sforzando di non fuggire dalla conversazione.

8. «Falla semplice!»

Qualunque cosa tu debba fare, dalla creazione di un prodotto o di un servizio, alla promozione, al sistema di vendita e di customer care, falla tanto semplice da poterla spiegare a un bambino di 10 anni.

O almeno provaci.

9. Focus

Lo dice anche Jarvis nel libro che ho citato poco sopra: di’ no a qualsiasi proposta non serva il tuo business. È questo, in sintesi, mantenere il focus.

10. Decidi

La decisione è diversa dalla scelta. Quando si decide si taglia con qualcosa in modo netto, e alcuni di questi tagli sono dolorosi.

Come tagliare con una vecchia versione di te non aggiornata alle ultime scoperte consapevoli che hai fatto.

O come tagliare un servizio o un prodotto su cui hai lavorato tanto, ma una volta testato hai scoperto che no, non funziona. Forse un giorno troverai il tempo e il modo di sistemarlo, ma se quel giorno non è oggi, decidi di terminarlo; punto.

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Se ti va di chiacchierare di libera professione con me, ti ricordo il #WORKHAOTIC del mercoledì mattina sulle Instagram stories. 

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Se invece vuoi lavorare con me al tuo progetto di business, per gli iscritti al Fabulatorio i battenti della sessione di gennaio di FORMAT aprono tra pochissimi giorni.