«Tu sogni troppo!». Dal 1989 al 2009 è più o meno così che si sono concluse l’ottanta percento delle mie conversazioni, in famiglia e non.

Il sentenziante di turno pareva a volte divertito, altre irritato. Molto dipendeva dal tipo di relazione che ci legava: quanto più mi era vicino, tanto più si mostrava insofferente alla mia detta attività onirica fuori taglia.

Per quanto riguarda me, invece, ho sempre trovato questa chiosa altamente frustrante, per almeno due ragioni. La prima, è che non mi è mai riuscito di capire quale fosse, infine, la misura del sogno perfetto. Voglio dire: possiamo misurare l’orlo di una gonna, una pinta di birra, un calice di vino, un chilogrammo di pane… Ma i sogni? C’è un buon peso per loro? Una giusta lunghezza? Un volume più appropriato di un altro?

La seconda, è che non sono mai stata capace di spiegarmi quale fosse il problema legato al sognare molto; troppo addirittura.

Per incominciare a fare chiarezza mi ci son voluti anni, una lunga serie di scivoloni e una trentina di attacchi di panico.

C’è sogno e sogno

Naturalmente qui non sto parlando dei sogni notturni fatti in stato di addormentamento; e nemmeno delle fantasie che occupano la nostra mente quando cerchiamo un allontanamento dalla realtà. Laddove il sogno notturno ci cala in un mondo simbolico spesso difficile da decodificare, e la fantasticheria ci porta in un mondo altro da sovrapporre e sostituire, anche solo per l’attimo in cui si consuma la fantasia, a quello in cui viviamo, l’immaginare diurno ci mette in una condizione di anima nascente, o di desiderio.

Sognare ad occhi aperti, ovvero immaginare una realtà diversa ma possibile, diventa quindi un modo per processare i desideri.

La possibilità del sogno

Il desiderio ha carattere posizionale: ciò vuol dire che quando desideriamo qualcosa, quel qualcosa c’è ma non è né qui né è ora bensì da qualche parte in un eventuale futuro. Il che ci dice una cosa importantissima: per raggiungere l’oggetto – o il soggetto – dei miei desideri io devo necessariamente muovermi nello spazio e nel tempo. In una parola: agire.

I sogni coscienti sono dunque messaggeri di un futuro possibile, sempre che a quel futuro scegliamo di dare una possibilità.

Per dare una possibilità al futuro non basta mettersi nella predisposizione ad accoglierlo, immaginarlo appunto. È necessario realizzarlo. Ed ecco che veniamo al senso di quel «Tu sogni troppo!».

Sognare troppo è inversamente proporzionale all’agire in modo sufficiente da realizzare. Ovvero: se realizzi meno della metà delle cose che sogni, allora quell’attività immaginaria diventa una fantasticheria a perdere, un vuoto. Un vuoto che però ti ha richiesto un investimento economico, energetico ed emotivo. E qualche volta non lo ha richiesto soltanto a te.

Se sei un sognatore di troppo

⇒ Se sei un sognatore di troppo, più di una persona, in più di un’occasione, te lo ha fatto notare.

⇒ Se sei un sognatore di troppo, soffri di ansia da prestazione ogni volta che approcci la fase realizzativa di qualunque progetto, fosse anche prenotare il B&B per le vacanze. Nulla di strano: succede quando si rimane troppo a lungo nell’iperuranio delle idee e non ci si ingaggia nella concretizzazione.

⇒ Se sei un sognatore di troppo, è tutto bello bellissimo, o brutto bruttissimo, o difficile difficilissimo. Tanto che non ti capaciti di come facciano gli altri a scegliere e a fare.

⇒ Se sei un sognatore di troppo, ti trovi bene nel girone del Genio e sregolatezza: per entrarci non c’è bisogno di scendere negli inferi, basta addentrarsi negli abissi dei tuoi tanti progetti abbozzati e mai finiti.

⇒ Se sei un sognatore di troppo, hai sviluppato una certa abilità nel confezionare le scuse che ti servono a giustificare la tua inazione, ma non hai ancora trovato il modo per sentirti meno abbattuto, triste e invidioso quando il tuo sogno, stanco di rimanere allo stadio larvale, va a farsi realizzare da qualcun altro.

Sogna responsabilmente

Sto chiaramente minchionando un noto slogan, ma cade a fagiolo. Se hai letto il mio articolo sui cinque inneschi della disistima di sé (se non lo ha letto puoi farlo ora cliccando qui) sai già a quale interpretazione della parola responsabilità mi riferisca.

Quando veniamo ripresi perché stiamo dando troppo spazio ai sogni, non ci stanno certo rimproverando perché sogniamo tout court e nemmeno perché lo facciamo con una certa intensità e frequenza. Se così fosse, se ci pensi, sarebbe come rimproverare a qualcuno di avere troppi capelli, o gli occhi troppo nocciola, o i piedi troppo lunghi.

Piuttosto, quando veniamo ammoniti a causa della nostra produzione industriale di sogni, ci stanno facendo notare che stiamo perdendo l’occasione di dare una chance a quel futuro che siamo stati capaci di immaginare.

Sognare responsabilmente, oltre a fare il verso a un claim pubblicitario, significa mettere in gioco l’abilità di rispondere alla chiamata di un desiderio fatto immagine e somiglianza di una possibilità.

Addio e grazie per tutto il pesce

A volte ci comportiamo come autostoppisti in fuga: ci lasciamo caricare dal primo sogno che passa, poi dal secondo, dal terzo… Ci facciamo portare a spasso nella Galassia delle idee, e quando torniamo indietro ci ritroviamo con una boccia di pesci rossi e un biglietto d’addio e ringraziamenti.

Se il quadro non ti è nuovo, domandati:

• Qual è lo scopo di accumulare tanti passaggi per poi tornare al punto di partenza dove nulla è mai davvero cambiato?

• A che pro sognare tanto se di quei sogni non rimane che l’amarezza di un nulla di fatto?

Sognare troppo, e combinare poco, significa viaggiare con il freno a mano tirato: nessuno che ci voglia bene può rassegnarsi facilmente al fatto di vederci vivere al di sotto del nostro potenziale.

Sicura, o sicuro, di voler essere proprio tu a rassegnarti?

 


Vuoi dare subito una chance ai tuoi sogni di troppo?

Inizia con il mio workbook: L’eroe dalle mille svolte 

⇓ ⇓ ⇓

SCOPRI DI PIÙ