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Sto portando nel mondo un’immagine di me che mi

Sto portando nel mondo un’immagine di me che mi fa sentire bene con me stessa, o sto continuando a soddisfare criteri e standard a cui sono semplicemente abituata a obbedire?

Ho ancora voglia di presentarmi con questo biglietto da visita, questo abito, questa narrazione di me?

Per quanto ancora sono disposta a nutrire una storia che non mi rappresenta, o non mi rappresenta più?

Da qualche parte bisogna pur cominciare a muoversi: perché non farlo da queste domande?

Mito o fiaba? Fiabazione o racconto autobiografic

Mito o fiaba?

Fiabazione o racconto autobiografico?

Facciamo mitobiografia, e non se ne parla più?!

Ho detto facciamo: non ti suona già come un indizio? 👀🕵️‍♀️😁

Un prompt per la tua pratica di scrittura autobiog

Un prompt per la tua pratica di scrittura autobiografica.

Se lo usi, fammelo sapere.

Se ti piacciono questo genere di contenuti e ne vuoi altri, metti un cuoricino e dimmi su quale tema vorresti il prossimo spunto di scrittura che cura.

Come propizi l’emergere dei tuoi fantasmi? Non

Come propizi l’emergere dei tuoi fantasmi?

Non parlo di richiamare dall’Erebo gli spiriti dei defunti: mi riferisco al modo in cui fai emergere i tuoi fantasmi interiori.

Danzi, canti, preghi, invochi, taci e ascolti?

Sono molti gli strumenti che offrono il giusto terreno all’emergere di questi fantasmi. E ciascunə, nell’arco della vita, ne prova un tot fino a trovare quello, o quelli che più gli o le corrispondono.

Il mio strumento elettivo è senza dubbio la scrittura: niente mi aiuta a contattare e a dialogare con i miei fantasmi quanto un foglio bianco e una penna.

Meglio ancora: una matita! Anzi, un lapis, che forse mi piace di più chiamare così perché mi rammenta meglio le lapidi e la storia dei trapassati che testimoniano e sottraggono alla dimenticanza.

Tu, invece, come propizi l’emergere dei tuoi fantasmi?

Nel reel “Sotto al cappello e quel che ognuno vi

Nel reel “Sotto al cappello e quel che ognuno vi trovò” ho accennato an Edward De Bono, lo psicologo maltese inventore della tecnica dei sei cappelli per pensare.

Cosa sia la tecnica, come funzioni e come puoi usarla in un contesto di lavoro autobiografico te lo racconto invece in questi #appuntiscorrevoli.

Scorrili per davvero però, altrimenti rischi di perderti il pezzo forte!

[Come funziona con i video loop già lo sai, no?! Screenshot e via! Il resto starà a te e alla tua penna 🙃]

Viene proprio da chiederselo a cosa serva, in un m

Viene proprio da chiederselo a cosa serva, in un mondo che ci ha abituati ad avere fede soltanto in ciò che ci viene mostrato con squilli di trombe e parate, prendersi la briga di indagare segni, simboli e metafore.

A che serve fermarsi sul senso di un cappello, per giunta portato da un personaggio di fantasia, mentre lottiamo per non soccombere alle spese, al corpo, all’altro, e persino a noi stessi?

Oggi o domani, però, incontreremo Qualcunə per strada, e Qualcunə avrà calato sulla testa un cappello, e quel cappello, per qualche ragione, catturerà la nostra attenzione.

Ci sorprenderemo così a indugiare sul volto sotto al cappello più di quanto non ci succeda di farlo di solito.

Noteremo il riccio del naso quando un’informazione lo punge. Le storie felici e le storie tristi tratteggiate sulla pelle: soprattutto quella intorno agli occhi, che è lì che si fermano le frasi più significative. Vedremo l’invisibile che lo anima e da quel momento, quel volto, non sarà più uguale a milione di altri che ci passano d’accanto e a cui passiamo d’accanto distratti.

Oggi o domani, sotto a un cappello ci sarai tu. O ci sarò io. O magari tutt’e due. E se ci incontreremo ci fermeremo di più l’unə sul volto dell’altra. E non saremo più folla.

Ecco a cosa serve.

Quasi ogni settimana invio una museletter, il Fabu

Quasi ogni settimana invio una museletter, il Fabulatorio, per condividere riflessioni, ragionare su alcuni temi, passare qualche strumento utile per navigare nella propria storia.

Per chi vuole riceverla: c’è un link in bio che porta dritti al form d’iscrizione.

Per darvi qualche anticipazione sul Fabulatorio che invierò mercoledì alle 7, ho chiesto consiglio alla mia libreria. E la libreria mi ha tirato fuori questo.

Quindi è chiaro che che il tema sarà:

Aveva lunghi capelli castani, un corpo minuto e sl

Aveva lunghi capelli castani, un corpo minuto e slanciato, un bel viso geometrico ed elegante da modella anni Novanta.

Nonostante la bellezza, però, la prima cosa a colpirmi di lei non è stato il viso ma il modo in cui era vestita: gonna alla caviglia e gilet in fresco di lana color nocciola; camicetta di seta tinta tabacco; e stretto in vita da una cintura, nera come le decolleté slingback a tacco basso che portava ai piedi, un semplicissimo giacchino grigio. Un grigio medio. Un grigio che indosserebbe chiunque voglia passare inosservato.

Eppure inosservata non lo è passata per niente. Non ai miei occhi almeno.

L’accostamento originale dei colori. La perfezione sartoriale degli abiti. I pochi, impeccabili, accessori. I capelli sciolti, lucidi, obbedienti. E la camminata: quel passo danzante di chi va per il mondo come fosse chiamatə a farlo a furor di popolo.

Per una frazione di secondo ho pensato: vorrei essere come te!

Perché?

Perché ci capita di pensare, di una persona conosciuta quanto di una sconosciuta: «Vorrei essere come te!»?

La risposta breve è: perché ci facciamo un sacco di film. Per la lunga, invece, tocca aspettare la newsletter di mercoledì.

La ricevi già? Se ancora non la ricevi la strada da seguire è sempre quella 👉🏻 link in bio

Nel mio studio ho pizzini attaccati ovunque Frasi

Nel mio studio ho pizzini attaccati ovunque

Frasi da libri. Da film. Da conversazioni. Dalle pagine in cui mi rifletto ogni giorno.

Questa frase in particolare mi è stata maestra in quei momenti in cui tendevo ad atti di forza sconclusionati, arrabbiati, dimostrativi.

Non piangere per non mostrarmi fragile.
Studiare il doppio per rivendicare la mia chance.
Lavorare il triplo per risultare indispensabile.
Dire la mia per non sembrare vuota.
Tacere per non essere presa per un’arrogante.
Proseguire, senza sapere dove andare, per non dire: basta, non ce la faccio più, mi fermo qui.

Sono cresciuta pensando che desiderio facesse rima con vizio. Che il desiderio fosse la culla del capriccio. Che la volontà si nutrisse di orgoglio e prese di posizione.

Volere è potere, nella sua accezione testarda, ideologica, e priva di immaginazione, è stata la malia che ha tenuto me e la mia storia in ostaggio per anni. Ed è stato un disastro.

“Dietro la volontà, il desiderio” è invece l’incantesimo liberatore, l’approdo, e soprattutto un promemoria quotidiano: rimane la voglia, ma è una voglia che costruisce vie e cammini e poi sceglie su quali stare per un po’ e quali lasciare.

Ciascuno di noi ha il *suo* pizzino, quello che meglio rappresenta la chiave della sua storia, il climax, o il tema: questo è il mio, il vostro invece qual è?

#riscriverelastoria #talefulness #arcoditrasformazione

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