Specchio riflesso
Sono abbastanza sicura che anche nella tua infanzia ci sia stato spazio per quel gioco al massacro verbale, potenzialmente infinito, che è Specchio riflesso. Giocare era piuttosto elementare e non occorreva alcun tipo di accordo tra le parti: qualcuno ti diceva qualcosa che non gradivi – cose tipo «puzzi come la scureggia di una puzzola; con noi non giochi perché sei una caccola»… e tutta una lunga serie di infamie quasi sempre legate a secrezioni corporee, umane o animali a seconda della predilezione dell’infamante – e tu incrociavi le dita delle mani, eseguivi una plastica rotazione di polsi e restituivi al mittente l’ingiuria al suono di: «Specchio riflesso!». A quel punto, a puzzare come una scureggia di puzzola, o a essere una caccola, era il tuo interlocutore che nient’affatto arrendevole, ti restituiva la pariglia con un doppio «specchio riflesso», eccetera eccetera. Il gioco di solito terminava quando un genitore, o chiunque ne facesse le veci, caricava in auto il proprio figlio, o figlia, impedendo così ai due guerrieri della riflessione di proseguire.
Hai appena fatto un viaggione nei tuoi ricordi d’infanzia? Io pure! E mi sono anche chiesta: cosa avrebbe potuto fare la piccola me, che detestava lo «specchio riflesso» più del passato di verdure, per interrompere il match? Oppure, cosa sarebbe successo se avessi introdotto nel gioco un elemento nuovo, come, che so, abbracciare forte forte il mio specchiatore; unire soltanto pollice e indice a formare un cuore per rispondere all’attacco con una proiezione d’amore perpetuo?
San Valentino merita una riflessione
Trent’anni fa non ci sono arrivata a certe risposte alternative, probabilmente perché mi è mancato farmi domande diverse. È sempre così: quando siamo incastrati in uno schema ripetitivo è difficile applicare una variante d’interruzione.
In questi giorni, girando per la città e scontrandomi con vetrine piene di inviti a festeggiare San Valentino, ho ragionato un po’ sull’effetto «specchio riflesso» e sul fatto che tutti quei cuoricini e cuoricioni che sbucano persino sulle bancarelle del pesce fresco, hanno lo stesso effetto di un gioco al massacro verbale: sono esasperanti.
E se esasperiamo l’amore, lo rendiamo cioè aspro, come possiamo pensare di celebrarlo in alcun modo anche soltanto un giorno l’anno?
Non so a te, ma a me piacerebbe molto sfruttare lo strumento dello «specchio riflesso» per proiettare sul prossimo qualcosa che non produca esasperazione, esacerbazione di comportamenti o compulsioni. Così, mentre San Valentino e giochi d’infanzia s’intrecciano nei miei pensieri in un bizzarro passo a due, mi viene in mente che potremmo irradiare il mondo con qualcosa di davvero amorevole giocando a uno Specchio riflesso new edition.
La settimana dell’amore
Poco prima della Settimana della moda di Milano (per gli interessati, anche se mi chiedo perché siate qui, faccio servizio pubblico e vi indico pure le date della prossima: 21-27 febbraio 2018), un grande evento sta per invadere l’universo mondo: la Settimana dell’amore di Coaching in fabula.
La settimana dell’amore di Coaching in fabula celebra l’amore verso il prossimo e si basa sull’effetto specchio riflesso. Si gioca esclusivamente con le carte del seme di cuori, precisamente dall’asso al sette, e funziona un po’ come il Lotto: a partire dal 14 febbraio 2018, ciascuna delle carte qui sotto potrà essere girata e il giocatore, e la giocatrice ça va sans dire, scoprirà cosa dovrà fare nelle prossime ventiquattr’ore per riflettere amore nel mondo. Si può scegliere di andare in ordine, da 1 a 7; di andare a sentimento (il numero che ispira di più quel giorno); o di usare un mazzo di carte vero, selezionare i Cuori dall’asso al sette, e ogni giorno pescare una carta e poi tornare qui a curiosare a quale missione corrisponda.
Il premio finale, mi domandi? Vivere in un mondo meno aspro. E buon amore a te!