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In un primo momento avevo pensato di proporre gli

In un primo momento avevo pensato di proporre gli spunti in una chat di gruppo dedicata, poi mi sono detta che no: liberi tutte e tutti di seguire e condividere se e come meglio credete, senza sentirvi più o meno obbligate od obbligati a rompere il silenzio, più o meno adeguate o adeguati.

Quindi gli spunti saranno qui, o per meglio dire nelle stories, per tutte e tutti.

Però ditemelo se ci sarete, così lo so, così vi penso ❤️

Si parte il 24 dicembre: pigia sul promemoria così non lo dimentichi!

Come sono diventata chi sono? Con chi? Dove? Al ne

Come sono diventata chi sono? Con chi? Dove? Al netto di quali vincoli?

E cosa me ne faccio, adesso, di queste risposte?

Nell’immaginario, il lavoro autobiografico è soprattutto un lavoro di raccolta e riscrittura di memorie, il che può anche essere vero, ma non è completo.

Nella pratica, si scopre, il centro dell’esperienza è nella risignificazione 👉🏻 cosa vuol dire tutto questo per me, ora?

——

Possiamo lavorare insieme? Clicca sul pulsante email o mandami un messaggio in direct e scopriamolo!

Sii te stessə… Ok, quale? La me stessa ferit

Sii te stessə…

Ok, quale?

La me stessa ferita, addomesticata, conforme? Quella che sorride perché così è più carina? Quella comprensiva, solidale, disponibile? Quella che puoi chiamare a tutte le ore perché “lei c’è”?

O forse ti riferisci alla me stessa bozzolo, pupa, larva? O alla me di quando mi son svegliata questa mattina?

Quale me stessa mi stai suggerendo di essere, esattamente?

Perché se pensi che io sia una sola me, stai pensando sicuramente alla me che ti è meno scomoda, più facile da trattare, più responsive rispetto allo schermo che scorri, più adeguata alle tue richieste.

Sii te stessa…

Davvero, non è che non apprezzi l’invito, è che mi suona tanto come un: sii la stessa. Oggi come ieri, e come domani.

Allora, se non ti spiace, sarò come posso.
Sarò come mi viene.
Sarò come mi pare.
Sarò come mi piace.

Sto portando nel mondo un’immagine di me che mi

Sto portando nel mondo un’immagine di me che mi fa sentire bene con me stessa, o sto continuando a soddisfare criteri e standard a cui sono semplicemente abituata a obbedire?

Ho ancora voglia di presentarmi con questo biglietto da visita, questo abito, questa narrazione di me?

Per quanto ancora sono disposta a nutrire una storia che non mi rappresenta, o non mi rappresenta più?

Da qualche parte bisogna pur cominciare a muoversi: perché non farlo da queste domande?

Mito o fiaba? Fiabazione o racconto autobiografic

Mito o fiaba?

Fiabazione o racconto autobiografico?

Facciamo mitobiografia, e non se ne parla più?!

Ho detto facciamo: non ti suona già come un indizio? 👀🕵️‍♀️😁

Un prompt per la tua pratica di scrittura autobiog

Un prompt per la tua pratica di scrittura autobiografica.

Se lo usi, fammelo sapere.

Se ti piacciono questo genere di contenuti e ne vuoi altri, metti un cuoricino e dimmi su quale tema vorresti il prossimo spunto di scrittura che cura.

Come propizi l’emergere dei tuoi fantasmi? Non

Come propizi l’emergere dei tuoi fantasmi?

Non parlo di richiamare dall’Erebo gli spiriti dei defunti: mi riferisco al modo in cui fai emergere i tuoi fantasmi interiori.

Danzi, canti, preghi, invochi, taci e ascolti?

Sono molti gli strumenti che offrono il giusto terreno all’emergere di questi fantasmi. E ciascunə, nell’arco della vita, ne prova un tot fino a trovare quello, o quelli che più gli o le corrispondono.

Il mio strumento elettivo è senza dubbio la scrittura: niente mi aiuta a contattare e a dialogare con i miei fantasmi quanto un foglio bianco e una penna.

Meglio ancora: una matita! Anzi, un lapis, che forse mi piace di più chiamare così perché mi rammenta meglio le lapidi e la storia dei trapassati che testimoniano e sottraggono alla dimenticanza.

Tu, invece, come propizi l’emergere dei tuoi fantasmi?

Nel reel “Sotto al cappello e quel che ognuno vi

Nel reel “Sotto al cappello e quel che ognuno vi trovò” ho accennato an Edward De Bono, lo psicologo maltese inventore della tecnica dei sei cappelli per pensare.

Cosa sia la tecnica, come funzioni e come puoi usarla in un contesto di lavoro autobiografico te lo racconto invece in questi #appuntiscorrevoli.

Scorrili per davvero però, altrimenti rischi di perderti il pezzo forte!

[Come funziona con i video loop già lo sai, no?! Screenshot e via! Il resto starà a te e alla tua penna 🙃]

Viene proprio da chiederselo a cosa serva, in un m

Viene proprio da chiederselo a cosa serva, in un mondo che ci ha abituati ad avere fede soltanto in ciò che ci viene mostrato con squilli di trombe e parate, prendersi la briga di indagare segni, simboli e metafore.

A che serve fermarsi sul senso di un cappello, per giunta portato da un personaggio di fantasia, mentre lottiamo per non soccombere alle spese, al corpo, all’altro, e persino a noi stessi?

Oggi o domani, però, incontreremo Qualcunə per strada, e Qualcunə avrà calato sulla testa un cappello, e quel cappello, per qualche ragione, catturerà la nostra attenzione.

Ci sorprenderemo così a indugiare sul volto sotto al cappello più di quanto non ci succeda di farlo di solito.

Noteremo il riccio del naso quando un’informazione lo punge. Le storie felici e le storie tristi tratteggiate sulla pelle: soprattutto quella intorno agli occhi, che è lì che si fermano le frasi più significative. Vedremo l’invisibile che lo anima e da quel momento, quel volto, non sarà più uguale a milione di altri che ci passano d’accanto e a cui passiamo d’accanto distratti.

Oggi o domani, sotto a un cappello ci sarai tu. O ci sarò io. O magari tutt’e due. E se ci incontreremo ci fermeremo di più l’unə sul volto dell’altra. E non saremo più folla.

Ecco a cosa serve.

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